'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE II - CAPITOLO III
ZOLFO

3. Miniere e ricerche di zolfo

Nella regione compresa fra il Foglie e l'Esino l'unica miniera attuale in attività è quella di Ca' Bernardi. In passato però lungo quasi tutti gli affioramenti della formazione gessoso-solfifera furono condotte numerose ricerche, cui talora seguì anche una attività di sfruttamento vero e proprio. Perciò credo non sia inutile accennare nelle pagine che seguono ai principali lavori svolti e ai risultati ottenuti; però non presumo certo di dare un riassunto completo, ma solo un'idea della notevole attività già svolta nella nostra regione (1).
Nell'esposizione seguirò la suddivisione regionale adottata al paragrafo precedente.

A) SINCLINALI INTERNE

Miniera la Morcia (Comune di Lunano).

Per la serie stratigrafica rimando a quanto ho detto a pag. 95 e a un lavoro di SEGRE (176). La formazione gessoso-solfifera avrebbe complessivamente 50 m di spessore nella miniera e inclina circa di 45° verso SW frequenti però le ripiegature locali con vere inversioni di pendenza e con impoverimenti nei tratti più sconvolti. Il minerale si presentava nelle prime ricerche bruno a struttura listata e a matrice calcareo-marnosa; le prime 250 tonn. diedero una resa del 22% in seguito si mantenne sul 18-20%.

(1) La maggior parte delle notizie riportate provengono dalle Relazioni sul Servizio Minerario (163) e dall'archivio del Distretto Minerario di Bologna. A quest'ultimo proposito devo sinceramente ringraziare l'Ing. Rossi, già Ingegnere Capo del Distretto Minerario di Bologna. Attualmente i lavori di ricerca sono stati ripresi con notevole intensità specialmente da parte della Soc. Montecatini. Devo però far presente che non rendo conto qui di questa attività, dal momento che è ancora in corso; ho però tenuto conto dei principali risultati finora raggiunti per le conclusioni di pag. 113.


La ricerca fu aperta nel 1876 in località Ca' Morcia sulla sinistra del Foglia circa a 2 km a N di Lunano; dove esistevano già tracce di lavori risalenti a 35 anni prima. Varie gallerie permisero di esplorare il giacimento per 600 m in direzione e 90-100 in profondità: si suppose che esso continuasse per altri 2900 m in direzione verso SE oltre il Foglia. Fra il 1876 e 1886, quando la miniera fu in coltivazione, furono estratte tonn. 38500 di minerale che diedero tonn. 5200 di zolfo greggio con una resa perciò di circa il 15%. Sarebbero state messe in vista 120000 tonn. per cui ne rimarrebbero ancora 80000 circa.
Nel 1891 furono ripresi solo piccoli lavori di manutenzione o preparatori che si continuarono fino al 1904; ma senza aversi produzione. Nel 1930 furono ripresi lavori di ricerca, riattivandosi una delle vecchie gallerie. La formazione solfifera fu seguita per 65 m in direzione e per 18 con discenteria. Si ritrovò discreta la mineralizzazione con lo spessore di circa un metro.

Ricerca di Ca' Borgano (Comune di Urbania).

Il Fosso Porcanino che confluisce con l'Apsa di S. Donato incide la sinclinale messiniana a N del Peglio e mette in vista la formazione gessoso solfifera entro cui appare un potente banco gessoso con direzione NW-SE. Nel 1931 presso Ca' Borgano dopo settantacinque anni di abbandono fu riaperta, per una quarantina di metri una vecchia galleria in traverso banco e in leggera pendenza. Lo strato solfifero si è presentato con uno spessore di 60-80 cm discretamente mineralizzato. Fu fatto anche qualche piccolo scavo nuovo. Dopo il 1935 fu abbandonata però ogni intenzione di ricerca.

Zona fra Peglio e Fermignano.

Nel fosso Battaglia (2-3 km a NE di Urbania) alla base della formazione gessoso-solfifera affiora il cagnino e subito sopra il calcare un po' cariato; segue quindi verso l'alto l'alternanza di gessi e marne bituminose con noduli di solfo saponaceo. Però qualche piccola ricerca effettuata nella zona non diede alcun risultato.
Entro il gesso del Peglio si trovano raramente noduli di zolfo, privi però di importanza pratica. Tracce di zolfo anche presso il Casino (pendici di M. Santo).

Ricerca di M. Aiate (Comune di Pergola).

In località Canneto presso la base di M. Aiate sulla destra del torrente Cinisco furono fatte ricerche in vari periodi di cui le prime rimontano alla seconda metà del secolo scorso. Per la serie stratigrafica vedi pag.96.
I primi lavori di cui ho trovato notizia risalgono al 1885, con l'apertura di una galleria nelle marne del muro, che dopo 100 metri si arrestò nella zona del tripoli (assai sviluppata nella zona), senza aver trovato mineralizzazioni apprezzabili. Vi si lavorò in seguito nel 1907-1914 (183), mettendo in evidenza uno strato di gesso di m 4 circa con gli ultimi 80 cm di tetto mineralizzati; il gesso seguito in direzione aumentò fino a m 5. I lavori ripresi negli anni 1918-1920, senza risultati nuovi, consistevano in parte in riapertura di vecchi.
Dopo il 1925 a 300 m dai lavori precedenti sempre sulla destra del Cinisco presso Canneto, dove affiora la testata di calcari solfiferi e vi è una polla di acqua solfidrica fu scavata una galleria di 50 m e si iniziarono due brevissime discenderie, senza risultati. Si procedette poi a parziali riattamenti di vecchi lavori e nel 1927 si approfondì da 17 a 53 m l'ultimo pozzo iniziato durante la precedente attività. Con questo pozzo si attraversarono marne e gessi con noduli di solfo saponaceo. Furono anche trovate difficoltà per lo sviluppo di acido solfidrico e metano e per le venute d'acqua. Dopo il 1933 dati gli scarsi risultati si abbandonarono le ricerche.

Ricerca di S. Savino (Comune di Frontone).

È assai prossima alla precedente e più precisamente si trova entro il fosso che scende dalle cupe di S. Savino e si immette nel Cinisco presso la ferrovia.
Lungo il fosso a 300 m dalla ferrovia fra Ca' Ceccarini e Piandigallo vi sono tracce di una vecchia galleria scavata intorno al 1800, che pare fosse di 40m. Si lavorò di nuovo fra il 1924 e il 1927 presso la strada Frontone-Pergola a 300 m circa del km 9, facendovi minimi lavori.

Miniera di Ca' Bernardi.

Troppo lungo sarebbe parlare qui anche succintamente di questa grande miniera che si avvia purtroppo all'isolamento. Ho già riportato a pag. 97 la serie stratigrafica e accennato a pag.50 ai caratteri tettonici. Qui mi limito solo ad alcune brevissime notizie.
Il grande banco mineralizzato con spessori variabili da 50 cm a 20 m compare solo sul fianco NE verticale della sinclinale interessato da numerose faglie e qualche pieghetta secondaria; sul fondo e sul fianco SW della sinclinale invece esso è completamente sostituito da calcare sterile o da gesso. Le zone mineralizzate hanno un andamento molto irregolare, sono frequentemente interrotte, separate da ampie zone sterili e distribuite su una lunghezza complessiva di circa km 3,5 su di un'altezza massima di circa 700 m. Il tenore medio del minerale è sul 30-60% e ai calcaroni dà una resa media del 24%.

B) SINCLINALE DI MONTECALVO IN FOGLIA-ISOLA DEL PIANO-REFORZATE.

Miniera di S. Lorenzo in Zolfinelli (Comune di Urbino).

Questa miniera fu un tempo assai importante ed ebbe notevole sviluppo tanto da fornire la maggiore produzione fra le miniere romagnolo-marchigiane. Essa si trovava fra le due Apsa di S. Donato e di Urbino, a NE della chiesa di S. Lorenzo. Per la serie stratigrafica rimando a pag. 98.
L'inclinazione media ma abbastanza costante dello strato produttivo e della serie che lo include è di 28° verso NE negli scavi superficiali, di 18° circa in quelli più profondi. Lo strato solfifero, con circa il 16% in media di zolfo, era molto regolare e scarse le parti sterili. Lo zolfo era compatto e abbastanza ben separato dalla roccia calcarea per cui era possibile una cernita. Ai calcaroni il minerale dava il 9%, ai forni il 13%. Lo spessore dello strato solfifero in media di m 1-1,5 nei vecchi lavori raggiunse fino i 3 m negli scavi più profondi del 5° livello, dove si mantenne in media sui 2,65, con qualche arricchimento in direzione e dove, dato questo spessore, lo sterile all'abbattimento era solo di 1/4.
Assai lungo sarebbe, dati i molto lavori effettuati, parlare qui delle vicende della miniera. Essa fu molto attiva e in produzione nella seconda metà dell'ottocento fino al 1904. I livelli superiori e più antichi, comunicavano direttamente con l'esterno mediante gallerie di trasporto; i più profondi invece mediante un pozzo (detto Pompucci); la coltivazione si estese specialmente verso E data la maggior fertilità del giacimento.
Furono scavati 5 livelli (un sesto era in tracciamento nel 1904), con gallerie in direzione comunicanti col pozzo e dal quale si dipartivano le discenderie entro lo strato produttivo; da queste si dipartivano i tracciamenti in direzione per i cantieri di abbattimento. Le produzioni già ottime negli orizzonti superiori da cui si arrivò ad estrarre anche 120 tonn. al giorno, aumentarono ad oltre 150 tonn. al giorno quando entrò il produzione il 5° livello, di cui si cominciò il tracciamento verso il 1890; la mineralizzazione si ispessì e si estese notevolmente in direzione tanto che la galleria di questo livello raggiunse nel 1900 la lunghezza di 1460 m, di cui 1220 circa verso E dalla traversa al pozzo, però aumentarono di estensione le zone sterili. Queste si riscontrarono più cospicue nel 6° livello, tanto da aversi praticamente l'esaurimento fra il 5° (-55 m dal liv. Mare) e il 6° livello (-146 dal liv. mare). Seguì la sospensione dell'attività nel 1904 poi l'abbandono della miniera nel 1911. Qualche lavoro fu ripreso fra il 1916-18. Nel 1919 si fecero alcune ricerche, ma oltre ai vecchi cantieri già esauriti si trovarono nelle nuove zone esplorate sempre m 3 di banco, costituito per m 0,5 di cagnino e m 2,50 di calcare solfifero incoltivabile per il basso tenore.
Nel 1926 la miniera fu ripresa con larghezza di mezzi. Si ricostruirono gli impianti esterni, si riattarono i pozzi, furono estratte le acque (80000 m3 ) allaganti il 5° e il 6° livello, furono riaperte tutte le gallerie del 5° e 6° livello e scavate altre gallerie di ricerca e si cominciò pure l'estrazione del minerale. I risultati furono però assai poco soddisfacenti. Lo strato fu trovato di m 1-1,90 però con inclusioni di sterile o sostituito da gesso; altrove fu rilevata una potenza media di m 0,80 di minerale spesso scadente. Perciò constatato l'esaurimento della miniera nel 1932 fu sospesa definitivamente ogni attività.

Miniera di Cavallino (Comune di Urbino).

Si trovava sulla destra del Foglia poco più di un chilometro a S di Schieti fra le miniere di S. Lorenzo in Zolfinelli e Schieti, delle quali ripete i caratteri. Affioramenti si hanno nel fosso Cavallino e di Colbruinello che incidono la serie normalmente alla direzione. Qui vengono a giorno vari straterelli di gesso e calcare solfifero, di questi ultimi però solo l'inferiore, che ha potenza di circa 1 metro, è sfruttabili essendo gli altri troppo sottili e distanti da questo. La direzione è N 73° W e p. 18° verso NNE. I lavori minerari hanno messo in evidenza uno spessore della fascia mineralizzata variabile fra m 0,50 e m 1,50 con una potenza media però di m 0,70. Il minerale ha una sufficiente ricchezza con un tenore medio del 14% e talora fino al 25% e ai calcaroni rendeva il 9%. Il minerale è bruno o verdognolo a struttura listata.
Nel 1879 esistevano una galleria, aperta nel dosso fra i due fossi suddetti, che incontrò lo strato a 103 m e, e un'altra aperta sulla sinclinale del fosso Cavallino che raggiunse lo strato dopo 283 m. Collegati gli scavi si misero in evidenza con tagli ascendenti e discendenti circa 40.000 m3 di minerale e si aprirono due cantieri. Anche due gallerie sulla destra del fosso Cavallino diedero buoni risultati.
La miniera abbandonata nel 1890 fu ripresa nel 1893 trovandosi solo uno strato di 50-60 cm di spessore. I lavori, svoltisi con varia alacrità, su quattro livelli furono infine sospesi definitivamente nel 1906 per gli scarsi risultati ottenuti.

Ricerca di Schieti (Comune di Urbino).

Non ho rintracciato notizie di un certo interesse, trattandosi di vecchi lavori; nel 1885 era in abbandono. Si lavorò dal 1892 al 1897 per scavare una discenderia. Non conosco neppure l'ubicazione precisa.

Miniera di Gallo (Comune di Urbino).

Su trovava presso l'abitato di Gallo sulla provinciale Pesaro-Urbino alla confluenza dell'Apsa di Urbino con l'Apsa di Palazzo del Piano. Numerosi e promettenti affioramenti vi erano nelle due valli indicate; i disturbi tettonici locali visibili in superficie sparirono in profondità. La direzione degli strati è all'incirca NW-SE con pendenza di 45° verso SW, passante in profondità a 25-19° per tendere infine alla suborizzontalità. Il giacimento constava di 2 o 3 straterelli solfiferi a matrice marnoso-silicea compresi entro due metri circa di marne che sottostanno a un banco di gesso di 7 m circa. Lo spessore complessivo del minerale utile (talora in un solo banco o in più strati) era in media compreso fra m 0,60 e m 1,30, però raggiunse anche i tre metri; la percentuale media di zolfo del 16%; il minerale era amorfo, compatto e duro o talora di aspetto terroso, saponaceo, di color bruno e verde e ben distinto dalla roccia marnosa incassante. Buone le condizioni di sfruttamento, anche se vi era acqua di infiltrazione. Si aprì dapprima una galleria in una cava di gesso sulla sinistra dell'Apsa di Urbino, che assai sinuosa esplorò il banco minerale per 60 m finchè incontrò una faglia diretta N 16% E con rigetto di 32 m, quindi con altri scavi si ritrovò lo strato oltre la faglia; un'altra galleria più bassa di 40 m della precedente e altre due misero in evidenza nel 1884 due zone mineralizzate di circa m 165 per 115 complessivi. Si esplorò anche l'affioramento di Ricece mediante una discenderia di 140 m che seguì per tutta la sua lunghezza il minerale. Vi si lavorò dal 1880 al 1888. Dal 1897 al 1900 si ebbe qualche attività iniziandosi un nuovo pozzo. Dopo i lavori furono definitivamente abbandonati.

Ricerca di Valzagona (Comune di Montecchio).

Presso Petriano (a SE del Gallo) e più precisamente presso Ca' S. Gianni furono fatte ricerche verso la fine dell'800 ma senza successo; inoltre al riguardo mancano dati precisi. In superficie la formazione gessoso-solfifera ha circa 40° di pendenza verso SW ma in profondità diminuisce rapidamente fino a pochissimi gradi.
Altre ricerche furono condotte a Valzangona, poco a S della strada Petriano-Scotaneto. In superficie la formazione pende di circa 30° verso SW poi si raddolcisce in profondità. Alle marne tripolacee, che riposano sulle molasse inferiori, segue in alto l'orizzonte solfifero; sopra sono 2 m di marne, quindi marne argillose con frequenti intercalazioni di gessi. Il minerale si è trovato in quattro filaretti occhiato dello spessore di 20 cm con una resa del 16%. Malgrado i ripetuti tentativi non si potè trovare un vero banco produttivo ma solo questi straterelli; mentre in superficie le concentrazioni sono buone, in profondità esse si attenuano. A Via apiana la successione è analoga, mancano solo le intercalazioni poco al di sopra del livello solfifero.
A Valzangona si lavorò dal 1873 al 1889 con qualche interruzione; nuovi lavori nel 1926-27.

Ricerca di Gessare (Comune di Isola del Piano).

Lavori di ricerca furono fatti in passato presso le Gessare, presso C. Stramigioli (S. Martino Casalduca) e presso C. Solfonara (SW di Montemontanaro). I lavori più importanti si trovano presso Case Stramigioli, dove però si rinvennero solo ovuli di zolfo entro uno strato di marne di m 1,40 circa; si fecero ricerche anche negli strati sottostanti fino all'incontro dei tripoli, sperando di incontrare un vero banco solfifero, ma senza successo. In tutta la zona esplorata, il livello mineralizzato mostrò povertà e sottigliezza. A C. Stramigioli si lavorò dal 1879 al 1891, ma particolarmente nel '90 e '91 riprendendo lavori già esistenti.

Ricerca di Ca' Balzano (Comune di Fossombrone).

Sulla ripa del terrazzo che scende ripido sulla destra del Metauro, poco a monte dello sbocco del Tarugo, in prossimità della casa suddetta, affiorano marne gessifere variamente impregnate di bitume e fogliettate; esse contengono uno straterello di minerale solfifero di 5-7 cm; qual e là vi sono anche ovuli di zolfo; pendenza 17-18° verso NE. Sul terrazzo poco ad E dell'affioramento fu aperto, intorno al 1880, un pozzo di cui il GIORGI (93) diede una stratigrafia probabilmente non esatta nella descrizione dei termini. Oggi è ancora aperto nelle vicinanze un altro pozzo, pure scavato alla fine dell'800 sul terrazzo più basso del Metauro 300 m circa ad E di Ca' la Barca; esso è però allagato fino a 7 m dalla bocca.

Zona di S. Ippolito e Reforzate.

Fra la ricerca precedente e la miniera del Peglio, di cui dirò, esistono vari affioramenti della formazione gessoso-solfifera, che furono in tempi lontani oggetto talora di limitate ricerche, delle quali però ho ben poche notizie.
Alla testata del Rio Giambullari ad E di Reforzate affiora la formazione accompagnata da una sorgentella salata e solfidrica; gli strati pendono verso W. Sulla sinistra del Rio Maggio sotto la strada S. Ippolito-Sorbolongo affiorano gessi e calcare cariato; gli strati pur variando di inclinazione tendono a raccordarsi con quelli della miniera del Peglio. Questi due affioramenti furono oggetto di ricerca fra il 1873 e 1876, ma senza successo. Nel 1932 furono ripresi lavori di individuazione dei vecchi scavi. Ricerche furono fatte fra il 1894 e il 1897 anche nel Fosso Feccia e presso il ponte sul Tarugo (500 m a N di Isola di Fano).

Miniera del Peglio (Comune di Fossombrone).

Si trovava nel Fosso del Peglio, che delimita a NW il M. S. Angelo e più precisamente 1650 m circa in linea d'aria a SE di Isola di Fano sotto la strada, che da questo paese porta a Fratte Rosa. In superficie affiora un limitato strato di calcare cariato (circa 60 cm) alla base della serie gessifera. Per la stratigrafia v. pag.100.
I lavori sotterranei misero in evidenza un orizzonte di gesso alabastrino della potenza di 4-5 m con mineralizzazione nella parte basale. La fascia solfifera aveva uno spessore variabile fra m 0,30 e m 2, ma talora si estendeva a tutto l'orizzonte gessifero; la pendenza è verso NE. Al calcaroni il minerale par abbia dato una resa del 12%.
Si lavorò dal 1872 al 1897 con qualche interruzione; però non ho notizie di questi lavori. Ripresa l'attività fra il 1902 e il 1911, si misero in evidenza i caratteri suddetti delle mineralizzazioni. Nel 1906 era già stata messa in evidenza una mineralizzazione estesa per circa 40;000 m2, per cui la miniera entrò in regolare coltivazione fino al 1911. Dal 1926 al 1931 una nuova discenderia incontrò un banco mineralizzato con m 0,80 in media di spessore e discretamente mineralizzato; esso è coperto da marne con interposti 9 strati di gesso e sovrapposta a marne con ovuli di solfo saponaceo. Fra il 1926 e 1929 furono estratte 400 tonn. di minerale che ai calcaroni diedero una resa fra il 7 e il 10%; Dopo questi scarsi risultati seguì l'abbandono definitivo.

C) SINCLINALE TOMBA DI PESARO-M. DELLE FORCHE-CERASA.

Ricerca di Talacchio (Comune di Colbordolo).

Si trovava 250 m a SW del paese omonimo presso la confluenza dei due rii che scendono dal versante N del M. Colbordolo. Dalle poche notizie sembra che i lavori fossero sviluppati in almeno 3 livelli. In seguito fra il 1892 e il 1896 si ebbe una nuova attività durante la quale si scavò un pozzo di 82 m e circa 400 m. di nuove gallerie, incontrando faglie e forti venute d'acqua. Sembra sia stato incontrato un minerale povero (7-8%) con lo spessore di 1 metro circa e a matrice calcareo marnosa.

Ricerca di Coldelce (Comune di Colbordolo).

I lavori furono fatti nella di Ca' Genga a NNE di Coldelce. In superficie sul dosso di Ca' la Croce vi era un bell'affioramento di calcare con qualche indizio di zolfo; pendenza degli strati 40° verso SW con accenno di piccola sinclinale locale.
Si lavorò dal 1887 al 1892 incontrando dapprima marne gessifere, quindi una zona tettonicamente molto sconvolta entro la quale si rinvenne un blocco di calcare senza tracce di zolfo e rotto ed isolato, quindi dopo 257 m si arrestò la galleria entro le rocce di letto.

Ricerca di Farneto (Comune di Montellabate).

Nel bacino del Fosso del Brasco nei rii che scendono da Montegaudio a SE dell'abitato del Farneto fu in passato fatta qualche ricerca, essendosi trovati in superficie frammenti di calcare con zolfo ancora inalterato e di altre rocce della formazione solfifera. Fra il 1873 e il 1875 furono scavate due gallerie entro le argille sottostanti, senza però incontrare la formazione. Qualche altra piccola ricerca anche più tardi (1891 e 1893) diede sempre esito negativo.

Ricerca di Pozzuolo (Comune di Serrungarina).

Si trovava circa a un chilometro a NE di Pozzuolo sotto la strada che da Cartoceto porta a Mombaroccio. In superficie affiorano sabbie giallastre e marne sabbiose con pendenze sui 30°-40° circa ma con vario senso di immersione (talora anche NW). I lavori minerari hanno messo in evidenza numerosi e forti disturbi tettonici nella formazione; cioè pieghe e contorcimenti, determinanti spesso la subverticalità degli strati, e soprattutto faglie per lo più longitudinali, che hanno variamente spostato l'orizzonte mineralizzato. Il minerale è costituito da zolfo saponaceo in lenti sparse entro una matrice marnosa; lo strato ha uno spessore di metri 0,50 in media ed è per lo più povero. Esso è compreso fra rocce prevalentemente sabbiose e solo qua e là è accompagnato da lenti irregolari di gesso e talora anche da tracce di tripoli e marne fogliettate. La discontinuità di questi orizzonti caratteristici, insieme ai notevoli disturbi tettonici, ha offerto notevoli difficoltà alla ricerca.
Si hanno notizie di lavori compiuti fra il 1875 e il 1896 mediante i quali si seguì lo strato in direzione per 110 m e in quattro livelli a profondità comprese fra 50 e 142 m. Sia per i notevoli disturbi tettonici e sia perchè lo strato anziché arricchirsi si isteriliva e si perdeva, la zona fu abbandonata definitivamente nel 1902.

Miniera della Tombolina (Comune di Montemaggiore).

L'accesso e gli impianti esterni si trovavano sul terrazzo di destra del Metauro presso lo sbocco del Fosso di Scaricalasino. Localmente la formazione gessoso-solfifera affiora disposta secondo un'anticlinale molto rotta orientata NW-SE; il calcare compare in tre punti, presso lo sbocco del Fosso e 280 m e 460 m più a monte.
Nei lavori in sotterraneo furono incontrati due strati calcareo-marnosi separati fra loro da 3 m circa di gesso; talora comparve anche un terzo strato. Lo spessore complessivo della parte mineralizzata era molto vario ma in media era di m 1-1,20; sotto, a contatto dello strato più basso, fu rinvenuto un banco di calcare duro compatto sterile. Lo zolfo è spesso in venuzze e noduli minutissimi entro il calcare; è amorfo, ceroide, bruno-giallastro; talora la matrice è arenacea; ovuli saponacei si trovano anche entro le marne adiacenti. Dei due strati quello superiore è più ricco ma più sottile, più povero ma con spessore anche di m 1,50 quello inferiore. Analisi di campioni diedero anche il 30% di zolfo, ma in media il contenuto è assai più basso (10% circa).
I primi lavori pare rimontino ai primi dell'800. Fra il 1877 e il 1882 furono riprese nuovamente le ricerche con lo scavo di un pozzo di 40 m e di varie gallerie e producendosi 580 tonn. di minerale negli anni 1877-78. Una nuova attività si ebbe dal 1892 al 1903 con l'apertura di numerose nuove gallerie e di un secondo pozzo. Si poté così seguire lo strato per circa 700 m in direzione, attraversando anche una faglia di 70 m di rigetto; le emanazioni di acido solfidrico ma soprattutto le forti venute d'acqua ostacolarono notevolmente i lavori. Presso il secondo pozzo la mineralizzazione è di circa 1 m e solo in parte sfruttabile e verso SE si riduce e impoverisce ulteriormente. Durante questo periodo si tentarono anche modestissime coltivazioni. Dati gli scarsi risultati ottenuti, dopo il 1903 venne l'abbandono definitivo.

Ricerca di Montebello (Comune di Orciano).

Era sul fondo del Rio Vergineto fra Montebello e Vergineto a S di Ca' Capannotti; vi si lavorò nel 1898 e 1899. Dopo i primi risultati favorevoli si scavarono circa 300 m di gallerie, ma l'incontro di un calcare acquifero provocò l'inondazione di tutto il sotterraneo. Non ho notizia dei risultati pratici.
Purtroppo, come risulta da quanto ho esposto, la maggioranza di queste vecchie ricerche ebbe esito poco incoraggiante. È ben vero che spesso furono di modesta entità, condotte con criteri geologici primitivi, con mezzi tecnici e finanziari inadeguati, tanto che l'eruzione delle acque o il ritrovamento dello strato oltre una faglia parvero talora dei problemi insormontabili. Però bisogna anche tener conto che la mineralizzazione fu trovata spesso esigua, interrotta e con spessori modesti. Quindi all'esito delle ricerche devono aver contribuito certamente l'inadeguatezza dei mezzi, ma in modo più decisivo la scarsità del minerale; prova ne sia che allorquando lo zolfo si presentò in un tenore sufficiente (ad es. S. Lorenzo in Zolfinelli) alla ricerca segui lo sfruttamento.