Depositi continentali quaternari

I depositi continentali (coperture) sono stati distinti in: alluvioni terrazzate, alluvioni attive, conoidi-detritico torrentizie, depositi eluvio-colluviali e detriti fini di versante, corpi di frana. Sono state cartografate anche le deformazioni di versante distinte in: aree interessate da dissesto superficiale diffuso, aree interessate da presunti spostamenti in blocco.

Sedimenti alluvionali terrazzati
Lungo la valle del Torrente Arzilla compaiono lembi di alluvioni terrazzate. Il rilevamento � stato condotto basandosi sui criteri della tradizionale suddivisione in "ordini" delle alluvioni terrazzate (cfr Nesci et al.,1995). L'estensione, la continuit� e il grado di preservazione delle successioni alluvionali diminuiscono progressivamente passando dai terrazzi pi� bassi sul fondovalle (e quindi pi� recenti) a quelli pi� alti (pi� antichi).
Infatti mentre il livello dei terrazzi della piana olocenica � quasi sempre perfettamente conservato, le successioni alluvionali pi� antiche (II e III ordine) sono presenti in lembi isolati come ripiani orografici o raramente come depositi mal preservati. Il motivo della discontinuit� di tali paleopiane � imputabile ad un approfondimento post-deposizionale del reticolo idrografico con estesa erosione areale gi� dal Pleistocene Medio in relazione alla tettonica dell'area.

Terrazzo del secondo ordine
E' presente in lembi isolati e discontinui nel tratto di bacino da Molino Nobili a Villa Betti. Anche gli affioramenti delle alluvioni terrazzate del secondo ordine sono estremamente rari e di estensioni limitate. L'unico affioramento osservabile direttamente si trova fra la localit� C. Valbona e Fosso Maiani. Esso � costituito da ghiaie eterometriche (2-10 cm.) in cui prevalgono ciottoli arenacei della Formazione a Colombacci e della Gessoso-Solfifera, ma � presente un limitato apporto dal Bisciaro affiorante nel settore montano. Il livello del terrazzo � ben ricostruibile in quanto la sommit� del deposito non � rimodellata (Fig 4).

Fig. 4 Profili longitudinali: tratteggio per T2, linea continua per l'alveo attuale.

Non si osserva il limite con il substrato ma lo spessore affiorante � notevole (20-30 m). L'attribuzione del deposito all'evento sedimentario del secondo ordine � avvenuta su basi morfologico-altimetriche. La presenza di superfici erosive alla stessa altezza e correlabili lungo tutta la valle permette la ricostruzione dell'antico profilo. La paleopiana si eleva di 60-70 m dall'attuale fondovalle.

Terrazzo del terzo ordine
E' presente in lembi isolati nel tratto da Villa Betti alla Foce. La paleopiana si eleva di circa 30 m dall'attuale alveo (Fig. 5).
In localit� C. Giunta (destra idraulica di Fosso Fenatacci) nei pressi di Carignano, si rileva un affioramento costituito da ghiaie eterometriche con molti ciottoli arenacei anche di grosse dimensione (fino a 30 cm.). La sommit� del deposito � estremamente rimodellata e la superficie morfologica non � preservata; questo impedisce di calcolare lo spessore del deposito. Il contatto con il substrato sottostante � visibile ma non si pu� calcolare nemmeno approssimativamente lo spessore reale del deposito, che in affioramento � di circa 5 m.
L'omogeneit� citologica dei ciottoli e il basso grado di arrotondamento degli stessi porta a ritenere che il deposito sia di provenienza locale e quindi di conoide laterale proveniente da Fosso Fenatacci. L'attribuzione di questo deposito all'evento continentale quaternario del terzo ordine � controversa.
Il terrazzo del terzo ordine �, lungo tutti i fiumi marchigiani, il ripiano meglio conservato e la piana alluvionale di maggiore estensione. D'altra parte la ricostruzione degli antichi profili nel bacino dell'Arzilla ha evidenziato l'esistenza di quattro ordini di terrazzo perfettamente osservabili superiormente alla piana. Da aggiungere che la piana meglio preservata nel fondovalle si trova a un'altezza mediamente inferiore (15 metri mediamente sull'attuale alveo) dei depositi del terzo ordine dei fiumi marchigiani (30 metri mediamente sull'attuale alveo).
La soluzione del problema sarebbe una datazione assoluta del deposito che non � possibile fare a causa dell'assenza di campioni databili. La completa asportazione della piana pleistocenica del terzo ordine sarebbe in via del tutto ipotetica da attribuire ad una successiva erosione non solo verticale ma anche laterale da parte del fiume. Questo evento erosivo, ricollegabile alla ormai nota fase di reincisione ed escavazione (Nesci & Savelli 1990), dovrebbe essere stato in tale area particolarmente intenso, forse legato al forte sollevamento verificatosi nel Pleistocene Superiore-Olocene.

Fig.5 Profili ricostruiti del livello dei terrazzi del probabile T3. I punti indicato le superfici rilevate.

Terrazzi minori olocenici
I successivi depositi che si rilevano lungo l'asta fluviale dell'Arzilla sono da attribuire all'Olocene. La cartografia e l'individuazione delle quote dei singoli terrazzamenti, hanno dimostrato che sono correlabili in tutta la piana in due livelli, di cui il pi� basso � molto recente e appena sopraelevato rispetto all'alveo attuale. I profili ricostruiti dei due terrazzamenti dimostrano un certo parallelismo; la scarpata che separa i due eventi varia da 10 a 12 mt. (Fig. 6).


Fig.6 Profili ricostruiti del livello dei terrazzi minori

Livello 1
Mostra sottolivelli per la presenza di scarpate discontinue. I sottolivelli inferiori costituiscono la piana di esondazione ordinaria dell'attuale torrente. La scarpata sull'alveo � mediamente 2-5 m., ma in alcuni punti � anche inferiore. Il paleocanale relativo a questo livello non si differenzia molto come andamento da quello attuale, anche se spesso � stato molto pi� meandrante. Le maggiori differenze si rilevano tra Carignano e Fenile. Anche pi� a valle si evidenziano numerosi e stretti paleomeandri relativi al livello 1.
Il pi� caratteristico si rileva all'altezza del porto fanese. Esso � evidenziato da un'ampia scarpata che permette di seguire il paleomeandro fino alla foce (attuale struttura portuale fanese). Un altro paleomeandro si rileva immediatamente prima in localit� il Mozzo ed ha dimensioni pi� piccole. La parte medio-inferiore evidenzia un percorso estremamente contorto del canale, con presenza di paleomeadri molto accentuati e caratteristici. L'area descritta � molto peculiare dal punto di vista geomorfologico, preservando queste strutture in maniera perfetta, raramente osservabili in altre aree.

Livello 2
E' geomorfologicamente il livello pi� interessante occupando l'intera piana ove il T. Arzilla scorre incassato in accentuati meandri. Il tipo di paleocanale del livello 2 era sicuramente diverso dall'attuale. Facies quasi completamente sabbiose e probabili pattern anastomizzati, caratterizzano le alluvioni fluviali di questo livello del bacino dell'Arzilla; infatti la litologia del bacino non ha permesso notevoli apporti grossolani. Si tratta di affioramenti quasi completamente sabbiosi talora con orizzonti di ghiaie fini come in loc. Mingone.
La piana si correla con quella del Metauro con la quale si fonde alla foce. Il livello olocenico 2 rappresenta un evento significativo che ha portato al riempimento del truogolo vallivo dell'Arzilla, svuotato dalla fase di reincisione seguita all'evento T3. Le stratigrafie di alcuni sondaggi hanno evidenziato che la litologia delle alluvioni � superiormente limoso-sabbiosa, mentre alla base si osserva sempre un cospicuo spessore di alluvioni ciottolose che potrebbero essere i residui della fase di riempimento del fondovalle relativa all'evento pleistocenico del terzo ordine.

Alluvioni attive
Sono depositi alluvionali in evoluzione dell'alveo comprendenti il letto e le aree golenali. Essi sono sommersi completamente e variamenti rimaneggiati durante i periodi di morbida fluviale.
Si tratta di ghiaie eterometriche, sabbie e limi nocciola laminati depositati lungo una fascia molto ristretta (larga fino a un paio di metri) e quindi non fedelmente cartografabile in scala 1:10.000. Inoltre tali sedimenti sono discontinui: per esempio in loc. Molino del Signore affiora il substrato pre-quaternario (Schlier) entro la fascia delle alluvioni attive.

Conoidi detritico-torrentizie
Sono costituite da materiali argilloso-limosi e/o sabbiosi e ciottoli a seconda del litotipo affiorante nel sottobacino di alimentazione. Si rinvengono ciottoli di natura alluvionale che per� non sono perfettamente arrotondati, ma hanno piuttosto una conformazione sferico lamellare a spigoli sfacettati. Questo � indice della minore elaborazione fluviale dei depositi tipici della conoide alluvionale.

Depositi eluvio-colluviali e detriti fini di versante
La distribuzione, la tipologia e la litologia dei depositi colluviali sono intimamente legate alla natura del substrato e all'assetto morfostrutturale. Data la prevalenza pelitica/pelitico-arenacea dei terreni affioranti si ha un'ampia diffusione di depositi eluvio-colluviali che riempiono il fondo della maggior parte delle vallecole. I depositi sono rappresentati per lo pi� da sedimenti fini, con granulometrie delle sabbie, limi e argille in proporzioni variabili, talora con subordinati frammenti arenitici angolari. La distribuzione areale dei depositi colluviali sembra anche condizionata dall'assetto strutturale. Le aree maggioramente attraversate da strutture tettoniche presentano infatti depositi colluviali pi� estesi e di maggior spessore. Questa caratteristica � da attribuire alla maggiore disponibilit� di detrito proveniente da un substrato gi� profondamente alterato dalla tettonica.

Corpi di frana
I meccanismi di messa in posto e le tipologie dei numerosi fenomeni franosi sono notevolmente diversificate di area in area a causa delle differenze litologiche e strutturali. In particolare dove affiorano prevalentemente litologie arenaceo-marnose si rilevano essenzialmente depositi per colamento e per scivolamento.
I primi si impostano prevalentemente su coltri colluviali costituiti da materiali fini depositatisi sul fondo delle vallecole. I secondi sono favoriti dalla stratificazione a franapoggio e dalla litologia costituita da grossi banchi di arenarie alternate ad argille e a marne argillose. Essi il pi� delle volte evolvono in colamenti. I corpi di frana, specialmente quelli di grandi dimensioni, sono spesso policronologici e policiclici; per questo motivo diventa a volte difficoltoso definire il loro stato di attivit�. Le corone di frana spesso non sono rilevabili in quanto cancellate dalla successiva erosione del versante per dilavamento areale o lineare.

Aree interessate da presunti spostamenti in blocco
In base a elementi morfologici, sono state delimitate aree interessate da presunti spostamenti in blocco. Essi sono intesi come scorrimenti traslativi e/o debolmente rotazionali, di masse rocciose poco o affatto scompaginate.
Non si tratta quindi di veri e propri depositi ma di morfologie che possono avere molta importanza nella stratigrafia del Quaternario.
Per spostamenti in blocco s'intendono scorrimenti profondi di masse rocciose di dimensioni cartografabili, al cui interno � possibile riconoscere e mappare unit� litologiche del substrato.

Aree interessate da dissesto superficiale diffuso
Spesso i versanti sono interessati da piccoli movimenti superficiali non cartografabili separatamente o da deformazioni plastiche che possono preludere alla formazione di veri e propri movimenti franosi. I fenomeni interessano talvolta interi versanti e i loro contorni sono spesso mal definiti. In genere interessano le coltri colluviali o il regolite e presentano superfici di scivolamento superficiali, corrispondenti con il passaggio alla sottostante roccia inalterata.