PARTE III
I MATERIALI DA COSTRUZIONE
CAPITOLO II
ARENARIE
Come già si è visto nella prima parte di questo lavoro, nella nostra regione compaiono due formazioni in cui le rocce arenacee o prevalgono o sono particolarmente abbondanti, cioè la formazione marnoso-arenacea della fossa umbra appartenente al Miocene medio-sup.
(pag.24) e i vari complessi marnoso-arenacei del Tortoniano e del Messiniano delle sinclinali interne della catena e dell'avanfossa (pag.30 e 93). Anche nel Pliocene si hanno rocce analoghe (pag. 33) però dato il loro carattere sabbioso-molassico non hanno evidentemente importanza dal nostro punto di vista.
Per la distribuzione di tutte queste rocce rimando a quanto ho già detto in precedenza e alla carta geologica (Tav.I).
Le arenarie della formazione marnoso-arenacea umbra presentano proprietà tecniche varie per cui da arenarie molto gelive a cemento marnoso si passa a buone arenarie con prevalente cemento calcareo; non è possibile perciò dare dei criteri generali circa gli impieghi. Le varietà migliori si prestano a tutti gli usi propri delle arenarie; pietra da taglio, pavimentazioni, stipiti, soglie, gradini, architravi ecc.; frequente è la possibilità di cavare grandi lastre. L'impiego principale si fa evidentemente in loco soprattutto come pietra da taglio e all'uso vengono aperte piccole cave temporanee; tali estrazioni hanno avuto impulso in questi ultimi tempi per la ricostruzione dei ponti, muretti e altre opere stradali; spesso viene utilizzato anche in zone e città vicine (Urbino, Gubbio, ecc.). Non è però possibile l'uso per scopi ornamentali, data la profonda degradazione che essa subisce col tempo; fra i molti esempi si può citare lo stato di corrosione che hanno gli ornamenti del Palazzo Ubaldini ora sede del Comune di Apecchio.
Nei comuni di Borgo Pace, S. Angelo in Vado e Apecchio vi sono numerose piccole cave temporanee. Fra i tipi migliori si possono citare del arenarie del M. Vicino, più tenera quella del fosso Casalbuono, ancora più tenera è quella del fosso di Pietragialla che però si lascia isolare in lastre estese fino di qualche metro quadrato. Blocchi e lastre cospicue sarebbe possibile cavare al Ranco Bianco, presso la confluenza del Fosso del Formignone col Certano, per cui si è proposto di aprire una cava per gli usi nel Comune di Cagli. Forse la cava più cospicua entro queste arenarie è presso Pontericcioli a NW di Casa Paravento, in Comune di Cantiano.
Passiamo ora ad esaminare i caratteri delle rocce arenarie del Tortoniano-Mesiniano che compaiono nelle sinclinali interne della catena marchigiana e nell'avanfossa. Sulla composizione di queste arenarie già è stata fatta qualche ricerca (71, 72); ma dal punto di vista pratico ha molto maggiore importanza il grado di cementazione, che si presenta assai variabile. Più frequente si tratta di molasse che talora per la debolissima cementazione passano a vere e proprie sabbie; però sono frequenti strati più fortemente cementati che passano a vere e proprie arenarie. È interessante osservare come entro gli strati molassici le zone a più forte cementazione hanno una forma lenticolare per cui, alle pareti esposte, in seguito all'erosione queste lenti vengono a sporgere maggiormente dando alla parte stessa un tipico aspetto mammellonare. Ad opera dell'erosione stessa si isolano appunto blocchi di varie dimensioni (fino ad oltre un metro) di forma ovoidale, globulare, subsferica, a pagnotta molto schiacciata, ecc. (cogoli) (1). Appunto questi blocchi, isolati dalle azioni erosive subaeree o addirittura marine (2) sono oggetto di lavorazione a blocchetti per la selciatura delle strade (3). Se interi strati si presentano fortemente cementati, queste arenarie si possono prestare per cavare stipiti, soglie, bordi di marciapiedi e lastre ecc.
Credo utile riportare, per dare un'idea circa le possibilità di estrazione e di utilizzazione di questi materiali, i risultati ottenuti nella cava di Montevecchio (Comune di Serra S. Abbondio) durante la costruzione del tronco ferroviario Acqualagna-Pergola (36).
Erano richiesti pezzi sagomati di dimensioni varie (ad es. m 2,30 X 0,22 X0,20, 1,40 X1,50 X 0,30, 1,06 X 4,44 X 0,44 ecc.). Tenendo conto del materiale cavato si è potuto constatare che solo il 6,25% della massa estratta si potè utilizzare per i lavori richiesti. Inoltre per i caratteri di gelività, tenacità, grado di cementazione queste hanno i caratteri di mediocri arenarie non certo paragonabili al classico macigno toscano e degli Appennini settentrionali.
(1) Non è facile spiegare questo vario grado di cementazione in uno stesso strato. Esso è però legato alla circolazione di acque superficiali; in profondità infatti il grado di cementazione tende ad indebolirsi, come dimostra la diversa compattezza degli stessi orizzonti se affioranti o incontrati da gallerie o da trivellazioni.(2) È curiosa la lavorazione che si faceva in passato e che credo continui anche oggi giorno a Gabicce. A mezzo di zattera si ripescavano dal mare i blocchi che le onde strappano dalla ripa messiniana fra Cattolica e Pesaro. Questa arenaria è più compatta di quella che si cava a giorno nelle vicinanze, rappresentando appunto, date le azioni erosive subite, le porzioni più resistenti. Questa attività fu abbastanza intensa; ad es. nel 1895 vennero ripescati circa 15000 massi di q.li 1,5 di peso medio. Il materiale viene poi lavorato a cubetti.
(3) Spesso per piccoli lavori di selciatura vengono raccolti gli ovuli isolati nel terreno agrario dalle azioni aggressive delle sostanze umiche.
La grana è più o meno grossolana a cemento calcareo-argilloso-limonitico; gli elementi prevalenti sono calcarei e silicei e variano anche a brevi distanze. Talora nella massa vi sono anche ghiaie o grossi ciottoli. I banchi arenacei più o meno potenti hanno aspetto lenticolare cui si intercalano molti strati argillosi, sabbiosi e talora ciottolosi.
Alcuni strati sono talvolta inservibili per inclusioni argillose o marnose; o perché il cemento è prevalentemente argilloso, per cui il disfacimento della roccia è rapido. Enormi sono il cappellaccio e le intercalazioni argillose o sabbiose; talora frequenti le diaclasi e fratture beanti o ricementate da calcite. Aumenta a Montevecchio il numero delle fratture con la profondità. I materiali utilizzabili, dati tutti questi fatti, hanno il vero carattere di trovanti fra le masse dei materiali inutilizzabili per cui lo scavo dovette avvenire in condizioni del tutto anormali.
I caratteri esposti si ripetono in pratica anche per tutte le altre rocce arenacee consimili del Tortoniano-Messiniano delle sinclinali interne della catena marchigiana e dell'avanfossa antistante; tutte quindi costituiscono dei materiali di valore assai limitato. Per la variabilità del grado di cementazione, l'irregolare distribuzione degli strati o lenti di tipo arenaceo vero e proprio e la non eccessiva compattezza anche di questi ultimi, non è possibile aprire cave di una certa importanza e redditizie. Perciò l'estrazione e la lavorazione di queste arenarie ha generalmente un carattere saltuario e limitato agli usi locali, i maggiori dei quali sono per pietra da costruzione in loco e per pavimentazione stradale. Specialmente quest'ultimo impiego a blocchetti cubici di 10-15 cm di lato è molto diffuso, dato che appunto a questa lavorazione si prestano particolarmente gli ovoidi e noduli arenacei citati. Tipica è appunto la pavimentazione a blocchetti di tal tipo delle città (Pesaro; Fano, Urbino) e dei paesi maggiori (Fossombrone, Cagli, Urbania ecc.) e minori.
Malgrado le mediocri caratteristiche, in determinati periodi, quando grandi costruzioni richiesero forti quantitativi di pietra da taglio da estrarre preferibilmente in loco, per evidenti ragioni economiche di trasporto, furono talora cavate in quantità cospicua anche queste arenarie. Ciò si è verificato durante la costruzione della ferrovia Fano-Fabriano e ultimamente nella ricostruzione dei manufatti distrutti durante l'ultima guerra.
Oltre che dalle citate cave di Montevecchio queste arenarie si sono estratte talora presso S. Savino, Montajate, Monte Torrino (tutte in comune di Frontone), in qualche punto del Comune di Urbino, presso S.Ippolito e anche altrove.
In conclusione arenarie abbastanza buone possono trovarsi nella formazione marnoso-arenacea intrappenninica ed è qui che eventualmente dovranno orientarsi le ricerche per la scelta delle zone più adatte, sia per l'estrazione e i trasporti, sia soprattutto per rinvenire rocce con buone caratteristiche. Però bisogna tener presente che l'uso di buona parte delle arenarie della formazione marnoso-arenacea e di tutte quelle messiniane è da prescriversi in via generale per grandi manufatti.