'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE I
LA GEOLOGIA DELLA REGIONE

È necessario far precedere a ogni esposizione sulle risorse minerarie un riassunto della stratigrafia e della tettonica della regione in istudio; ciò permette un più rapido orientamento nell'esame dei problemi pratici e meglio ne chiarisce il significato. Per quanto le questioni strettamente geologiche siano assai interessanti, data la vastità della regione Metaurense e la varietà di terreni affioranti, cercherò di limitarmi qui allo stretto indispensabile rimandando a pubblicazioni, che ho in preparazione, un esame più approfondito di determinati argomenti (1).
La carta e le sezioni geologiche e gli schemi tettonici e stratigrafici penso riusciranno a rendere più chiara e a completare l'esposizione. La carta geologica allegata è stata in buona parte disegnata sulla base dei Fogli della Carta Geologica d'Italia (Pesaro 109, Sinigaglia 110, Città di Castello 115, Gubbio 116, Iesi 117) (2). Però vaste aree, specialmente ad oriente del mediano di Fossombrone, sono state interamente rifatte sulla base dei miei rilevamenti inediti al 25.000 e al 10.000; per maggiori particolari rimando alla spiegazione della Tav. 1. Perciò malgrado la piccola scala che mi ha costretto ad eliminare molti dettagli, la carta geologica qui unita rappresenta per ampi tratti un progresso, talora notevole, rispetto a quelle finora pubblicate per la regione.

PARTE I - CAPITOLO I
LA SERIE DEI TERRENI

1. Trias Superiore - Sinemuriano s.s.

Nel nucleo dei rilievi mesozoici (3), dove le azioni erosive hanno operato profonde incisioni, affiorano enormi spessori di un calcare dolomitico a

(1) Mentre il presente studio era ancora in corso di stampa, alcune di queste pubblicazioni sono già comparse. Vedi nn. 217-220 della bibliografia.
(2) Ringrazio l'Ing. Beneo, Direttore del Servizio geologico d'Italia per avermi autorizzato a queste parziali riproduzioni.
(3) Intendo qui e in seguito il termine "rilievo mesozoico" in senso strutturale; cioè rilievo positivo fondamentalmente anticlinalico (v. cap. II di questa I parte).



stratificazione generalmente indistinta noto nella letteratura geologica col nome di calcare massiccio . I caratteri della roccia sono un po' variabili; per lo più è compatta, a frattura poliedrica, di colore bianco-gialliccio, con frequenti fratture e sempre debolmente piegata; In vari punti del M. Nerone (Val Canale e Conca di Pieia) essa ha la struttura oolitica e pisolitica e spesso un aspetto cariato ed è più o meno porosa o addirittura subfarinosa; per i dettagli di questa facies rimando a pag. 127. Al Furlo nella porzione più bassa affiorante è di color ceruleo chiaro, un po' marnosa e rotta da numerose diaclasi. In via generale rappresenta un calcare di deposito e costruzione organogena (v. pag.67), diagenizzato e in parte un po' dolomitizzato. I processi di dissoluzione operati dalle acque sotterranee hanno determinato nel massiccio una idrologia sotterranea e, agli affioramenti maggiori, una morfologia carsica, che frequentemente è stata ereditata anche dalle formazioni sovrastanti. Tipiche sono le ripide pareti e le forme abrupte della sua morfologia superficiale.
Il calcare massiccio affiora nella Gola del Furlo, sui fianchi del M. Nerone (Val Canale, Rio delle Persale, Cornobuio, Ranco di Nino, Fosso Pisciarello, Rio Carbonara e Conca di Pieia), alle Foci del Burano e nel gruppo del Catria (fra M. Alto e M. Acuto, Balze degli Spicchi, Corno di Catria).

Non è noto il contatto basale di questo calcare, mentre è ben segnato quello con la formazione della pietra corniola sovrastante; vi è fra l'altro da notare che l'assenza o quasi di stratificazioni nel massiccio cessa negli ultimi metri più alti del complesso, dove appaiono strati sempre più netti, per cui il passaggio alla corniola appare un po' meno brusco, malgrado la marcata differenza litologica. Non è quindi possibile dare spessori complessivi del massiccio ma solo dei valori relativi alla porzione affiorante: circa 450 m al Furlo 400 m nella conca di Pieia, soli 120 alle Foci del Burano; lo spessore reale è però certamente assai maggiore.

Varie sono le opinioni degli AA. sull'età di questo calcare; i più lo hanno generalmente attribuito al Lias inferiore, altri hanno supposto in esso anche la presenza del Retico o di buona parte del trias sup. o addirittura del Trias medio; poco però dicono a questo riguardo i fossili rinvenuti. CANAVARI (44, 198, 86) trovò al S. Vicino resti di Gyroporella triasina Schauer e Chemnitzia (Pseudomelania) sp.; PRINCIPI (136, p. 54) al Castellaccio (Rocca Bajarda) gasteropodi indeterminabili; CHELUSSI (71, p. 280) al M. Nerone modelli interni di Pleurotomaria, Chemnitzia, Lucina, Pecten, Megalodon, Arietiti e Montlivaultia. In Val Canale ho rinvenuto modelli interni di Gasteropodi (Chemnitzia e Natica) e molti radioli di Echini. Penso che ricerche accurate potranno un giorno permettere la determinazione di forme stratigraficamente più interessanti, ma per il momento non è certo possibile trarre conclusioni da questi rari e incerti ritrovamenti (1).
Allo stato attuale delle conoscenze si può dire che il calcare massiccio rappresenta una serie comprensiva il cui tetto è sicuramente del Sinemuriano s.s., come dimostrano le faune delle rocce immediatamente sovrastanti; dato il suo forte spessore e i fossili più sopra ricordati esso deve comprendere almeno anche l'Hettangiano, il Retico e il Norico (2); Il massiccio quindi corrisponderebbe per età, sviluppo nel tempo e ambiente di sedimentazione, poco invece per l'aspetto litologico, ai calcari di Dachstein, come si presentano nelle Alpi Giulie e Dinariche, dove sono grandemente diffusi. Tali conclusioni si presterebbero a interessanti interpretazioni paleogeografiche e induzioni strutturali, su cui è però fuor di luogo intrattenersi in questa sede.

(1) A; M; Acuto SCARSELLA ha rinvenuto recentemente la Schlotheimia cf. pseudoventricosa Gug. del Lias inferiore (Boll. Serv. geol. It., LXXIII, pag. 9, 1951).
(2) La Gyroporella triasina Sch. è in realtà una specie anisica; però gli esemplari di CANAVARI sarebbero ascrivibili secondo FOSSA-MANCINI (86) alla Teutloporella herculea Stopp. del Ladinico. Non è però questo solo elemento sufficiente per stabilire la presenza nel calcare massiccio del Carnico, del Ladinico e addirittura dell'Anisico.