'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE III
I MATERIALI DA COSTRUZIONE
CAPITOLO I
GESSI

Questa roccia è notevolmente diffusa in tutti gli affioramenti della formazione detta appunto gessoso-solfifera del Messiniano. Il gesso compare con continuità, però in strati di numero e spessore molto vari e relativamente pochi sono gli affioramenti dove esso presenta uno spessore rilevante. Ne deriva così che pochi punti si prestano all'apertura di cave redditizie. Fra questi possiamo ricordare i dintorni di Urbania (Peglio e M. Santo), S. Ippolito, Caste Gagliardo, Schieti e pochi altri. Per maggiori notizie rimando a quanto ho esposto al capitolo precedente.
Vi sono nella nostra regione metaurense quasi tutte le varietà di gesso: microcristallino bianco, bianco-grigiastro o grigio-scuro o roseo, microcristallino listato, alabastrino; a grana media, ecc.; manca solo il gesso a grana grossa; talora vi sono anche gessi arenacei. Le cave sono molto poche e tutte modeste; anche la lavorazione è molto primitiva; l'impiego è del tutto locale e il materiale viene adoperato in sostituzione della calce, cioè in modo del tutto irrazionale. sulla Tav. VIII ho indicato le principali cave attive o abbandonate, qui aggiungo solo qualche notizia.

Le cave maggiori si trovano al Peglio (Urbania), dove vi sono tre scavi di gesso, parte bianco, parte con venature grigie ( che è il più resistente agli agenti atmosferici) e sempre a struttura microcristallina; entro la massa si rinvengono anche ovuli di alabastro gessoso. Al Peglio il gesso serve come pietra da taglio e viene intonacato anche all'esterno con malta pure gessosa; quest'ultima pare che resista fino a una quindicina d'anni. L'alabastro del Peglio è in realtà un gesso saccaroide bianco con chiazze e venature grigie che si presta al polimento; un esempio di lavorazione sono le colonnine dell'altare della Chiesa del Peglio; si tratta però di un materiale scadente quanto a colorazione.
Piccole cave sono presso S. Ippolito, dove il gesso è molto bituminoso, grigiastro e fettucciato, e a Monteguiduccio (in Comune di Montefelcino). Altrove lo scavo e la cottura del gesso avvengono in genere solo saltuariamente, quando ve ne è bisogno in sito per usi locali; non si può perciò in questi casi parlare di vera e propria attività. Fra le cave di questo tipo ricorderò: quelle fra M. Torrino e M. Vecchietto (Comune di Frontone), una bella cava a 70 m dalla strada provinciale fra Fermignano e la Stazione di Urbania, altre al M. Santo di Urbania, a S. Martino Casalduca (Comune di Montefelcino), presso il cimitero di Serrungarina, presso S. Maria di Cartoceto, al Castello di Ripalta (Comune di Cartoceto), presso Mombaroccio, presso Monteciccardo e S. Andrea (2 km circa a SE di Novilara).
Come so vede lo sfruttamento attuale del gesso nella nostra regione è privo di ogni importanza e l'uso che se ne fa è spesso illogico. Ciò nondimeno potrebbe prendere sviluppo una lavorazione più moderna per gli usi normali e caratteristici del gesso (stucchi, ornamenti vari per interni, scagliola, tempere, ecc.). Una tale attività dovrebbe però svilupparsi con cave e fornaci il più vicino possibile alla Via Flaminia e al mare, perché poco possano incidere i trasporti e più facili siano gli sbocchi verso le città costiere, le quali potrebbero costituire i maggiori centri di assorbimento.