'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE II - CAPITOLO III
ZOLFO

2. Serie stratigrafiche del Messiniano

A pag.32 ho già dato lo schema stratigrafico fondamentale del Messiniano nella nostra regione; ora occorre scendere a maggiori dettagli per renderci conto dei numerosi passaggi laterali di facies e cambiamenti di spessore che questi terreni subiscono nei vari punti. Per necessità di cose non potremo però naturalmente scendere a dettagli notevoli.
Sulle carte geologiche ufficiali il Messiniano è stato accomunato e confuso con Tortoniano, col Pliocene inf. e talora anche col Pliocene medio sotto il nome generico e assai impreciso di Mio-Pliocene (pag. 84); ne è perciò derivata una rappresentazione cartografica quanto mai inesatta e non corrispondente al vero. Durante le mie ricerche di campagna, conducendo in

(1) Si veda il carattere miocenico delle faune del Pliocene inferiore (Tabiano).
(2) Mi riprometto di sviluppare meglio in un futuro lavoro i concetti riassunti in questo paragrafo, portando una maggiore documentazione e le indispensabili citazioni bibliografiche.



molte zone rilevamenti dettagliati al 25.000 e al 10.000 (1), ho cercato di raccogliere il maggior numero possibile di dati su questi terreni, sia per conoscerne i principali caratteri stratigrafici, sia per correggere e aggiornare la carta geologica. Pur non essendo ancora completi questi rilevamenti, la Tav. I, malgrado la piccola scala, dà già un'idea abbastanza precisa della distribuzione del Messiniano. Come si può vedere da essa, questi terreni coprono una superficie notevole ed affiorano con continuità attorno alle anticlinali più accentuate dell'avanfossa e compaiono talora molto estesi sul fondo delle sinclinali interne della catena. Per maggior chiarimento ho rappresentato sulla Tav. VII gli affioramenti della formazione gessoso-solfifera e la sua estensione al di sotto dei terreni pliocenici e nella Tav. III ho riportato alcune delle serie stratigrafiche illustrate qui sotto.
Passeremo ora in rassegna i vari affioramenti messiniani procedendo da N a S da W ad E secondo zone naturali e cioè: sinclinali interne, sinclinale Montecalvo in Foglia-Isola del Piano-Reforzate, sinclinale di Tomba di Pesaro-M. delle Forche-Cerasa, zona litoranea. Queste varie aree tutte ad orientamento NW-SE hanno anche un significato paleogeografico in quanto corrispondono ad antichi bacini subsidenti messiniani talora coi margini in parte emergenti dall'antico mare (2).

A) Sinclinali interne (3).

Come ho già detto esse sono comprese fra il fascio dei rilievi mesozoici interni e la dorsale Ca' Bertino-M. Spadaro-Furlo-Arcevia.
Le sinclinali nelle quali compare il Messiniano sono quelle di Pietrarubbia-Urbania, M. Aiate, Tarugo-Pantana-S. Stefano e Ca' Bernardi.
Nella porzione nordoccidentale della sinclinale Pietrarubbia e Lunano la

(1) Tali rilevamenti, in buona parte utilizzati per l'unita Tav. I, serviranno per la nuova edizione dei Fogli geologici marchigiani n. 109, 110, 117, 117 della Carta geologica d'Italia.
(2) Per i caratteri tettonici rimando a quanto ho già esposto a pag. 48 e seguenti.
(3) Il Messiniano compare anche nella sinclinale M. Vicino-M. Picognola; rinuncio però a una descrizione, essendo esso quasi esclusivamente molassico e privo di interesse pratico. La serie, anche se molto più incompleta, ha tuttavia qualche analogia con alcune della sinclinale Tarugo-Pantana. Inoltre ad evitare equivoci, avverto che anche nelle pagine seguenti chiamerò "sinclinali interne della catena", quelle che avevo indicato (217) più correttamente col nome di "sinclinali mediane della catena".



serie si presenta così (1):

  1. Potente alternanza di molasse grossolane e conglomerati; questi ultimi sono in grandi lenti, che spesso raggiungono varie decine di metri di spessore (2); si intercalano anche orizzonti a colombacci, il più basso dei quali è a circa 90 m sopra la base del complesso; spessore totale affiorante m 200-250.
  2. Argille marnose con intercalazioni molassiche, che si fanno sempre più frequenti e potenti verso l'alto; la porzione superiore di questa serie dà passaggio laterale a quella sovrastante. Spessore m 500 circa sul fianco NE della sinclinale, m 250 circa su fianco SW.
  3. Strati di gesso (6-7 i principali) fino a 50 cm intercalati a marne bituminose; spessore complessivo m 20 circa ( a 2 km circa a N di Lunano).
  4. Marne bituminose fogliettate con intercalati strati calcareo-solfiferi (talora solo 10 cm) e noduli di solfo saponaceo; spessore m 6 circa.
  5. Argille marnose bluastre con impregnazioni bituminose nella parte alta; m 50-80.
  6. Molasse con intercalazioni marnose; m 300-350.
  7. Marne grigio-biancastre dello Schlier; m 250 circa.

L'orizzonte 1 rappresenta l'Elveziano, il 2 e quasi tutto il 3 il Tortoniano, parte del 3 e tutti gli altri il Messiniano. Per le descrizioni degli orizzonti 4 e 5 mi sono servito dei dati relativi alla ricerca della Morcia (2 km a N di Lunano).
Sempre nella medesima sinclinale a SE del Foglia la serie subisce dei cambiamenti sensibili; infatti a NE di Urbania si ha:

  1. Argille marnose con sottili intercalazioni molassiche più frequenti in alto e con due orizzonti a colombacci, uno alla base e l'altro 120 m sopra; spessore totale m 150 circa.
  2. Argille marnose con sottilissime intercalazioni sabbiose; m 400 circa.
  3. Gessi in strati fino a 60 cm intervallati a marne bituminose; spessore totale m 25-40.
  4. Marne argillose un po' bituminose; m 10-15.
  5. Marne come sopra con intercalazioni di calcare marnoso solfifero; qualche metro in tutto.
  6. Marne argillose bluastre talora con strati tripolacei evidenti; m 30 o meno.
    (1) Tutte le serie sono descritte dall'alto al basso. (2) È interessante che questi conglomerati sono in gran prevalenza costituiti da elementi provenienti dalle Argille scagliose. Il fatto ha anche notevole interesse per i problemi connessi con le Argille scagliose di Val Marecchia.


  7. Molasse con intercalazioni marnose; m 300-350.
  8. Marne della Schlier; m 250 circa (1)

Anche qui il livello 1 è dell'Elveziano, il 2 e parte del 3 tortoniani, tutti gli altri messiniani. Da notare che gli orizzonti 3, 4 e 5 possono ridursi notevolmente e il 3 quasi sparire. Al Peglio e al M. Santo il livello 6 è rappresentato da un unico potente banco di gesso.
Nella sinclinale di Monte Aiate la serie si presenta così:

  1. Complesso molassico affiorante per 100-150 m di spessore.
  2. Alternanza di argille e molasse con circa 60 m di spessore. Nella porzione meridionale del bacino anche questa alternanza è in grande prevalenza molassica.
  3. Marne fogliettate bituminose; m 10-15;
  4. Strati di gessai (circa una dozzina) alternati da marne bituminose con lenticelle di zolfo "saponaceo"; 20-25 m
  5. Calcare marnoso di spessore variabile (non superiore al metro) discontinuo talora assente con qualche mineralizzazione di solfo.
  6. Marne tripolacee e tripoli con alcuni metri di spessore.
  7. Marne argillose stratificate con bande nerastre bituminose; m 55
  8. Marne grigiastre argillose della porzione alte delle Schlier.
  9. Marne grigio-biancastre dello Schlier; spessore totale dei termini 1 e 2 m 300 circa.

Il livello 1 è elveziano, quelli 2 e 3 tortoniani, gli altri messiniani.
Nella sinclinale di Tarugo-Pantana-S. Stefano e nelle sinclinali secondarie adiacenti (C. Nolfi, Pantana, M. Torrone) (pag.50) il Messiniano ha un potente e notevole sviluppo molassico e si presenta in due successioni stratigrafiche diverse. Una ben studiabile nei dintorni di Serraspinosa, ha la composizione seguente:

  1. Potentissimo complesso marnoso-arenaceo con uno spessore affiorante di 450-500 m; talora a 150-200 m dalla base compare qualche straterello di gesso arenaceo (2).
  2. Marne fogliettate con qualche strato (10-30 cm) di gesso arenaceo intercalati a molasse; spessore generalmente non superiore ai 5-6 m
    (1) I dati per questa e per la serie precedente mi furono gentilmente forniti dal Dr. G. A. Venzo, che ha appunto in corso uno studio particolareggiato su questa zona.


  3. Marne argillose grigio-verdastre con intercalati letti pure marnosi e bituminosi; 35-50 m
  4. Marne argillose grigiastre (Schlier alto) passanti alle sottostanti.
  5. Marne grigio-biancastre dello Schlier; spessore totale dell'1 e 2 m 200 circa.

Il livello 1 rappresenta l'Elveziano, il 2 e parte del 3 il Tortoniano, il rimanente il Messiniano. Questa serie, a parte il maggior contenuto arenaceo, ha qualche analogia con quelle di Ca' Bernardi e M. Aiate; essa si mantiene costante in tutta la porzione della sinclinale ad occidente del Cesano. In destra di questo fiume invece essa compare sporadicamente (S. Ermete) e viene sostituita lateralmente dalla serie seguente:

  1. Potente alternanza di molasse e marne con prevalenza delle prime affiorante fino a uno spessore di 400 m
  2. Marne fogliettate e tripolacee con intercalazioni di molasse e di gesso arenaceo; alla base compaiono anche tripoli veri e propri talora potentemente sviluppati; in prossimità del Cesano (M. Torrone) lo spessore complessivo non supera i 2-3 m, più a SE (il Colle) raggiunge il massimo spessore di 130 m, dati per la quasi totalità dai tripoli.
  3. Complesso marnoso-arenaceo identico al 6; spessore oscillante fra 50 m (M. Torrone) e 150 m (il Colle).
  4. Altro complesso litologicamente uguale al sovrastante, ma con microfaune tortoniane; spessore variabile da 110 a 260 m
  5. Marne argillose grigiastre dello Schlier alto.
  6. Marne grigio-biancastre dello Schlier; spessore totale di 1 e 2 m 290.

Il livello 1 è elveziano, il 2 e 3 tortoniani, gli altri messiniani. Come si vede a oriente del Cesano si hanno fortissimi passaggi laterali di spessore e quasi tutto il Messiniano (se si eccettua il livello 5) e buona parte del tortoniano sono rappresentati da una enorme pila marnoso arenacea. La serie descritta si distingue dalla precedente per lo sviluppo molassico anziché marnoso dei terreni di letto.

(2) Anche nella sinclinale di Ca' Bernardi, in qualche punto dell'Urbinate e altrove (Romagna) si osservano talora dei gessi intercalati nei terreni di tetto a notevole distanza dalla formazione gessoso-solfifera vera e propria.


La sinclinale di Ca' Bernardi è assai conosciuta per i numerosi lavori minerari, ricerche e perforazioni eseguiti. Non è però certo il caso di riportare qui le numerose serie stratigrafiche di questo importante bacino; Mi limito perciò qui a dare una serie media:

  1. Molasse con interstrati marnosi subordinati; entro questo complesso si intercalano due orizzonti a colombacci; spessore massimo affiorante m 250 circa.
  2. Alternanza di argille marnose e molasse, passanti gradualmente al termine sovrastante; da notare che a 60 m e a 130 m dalla base (dove la serie è più potente) si intercalano due strati di gesso; spessore massimo m 400 circa.
  3. Marne argillose grigiastre; 10-15 m.
  4. Serie gessifera costituita da II strati di gessi (da m 1 a 0,10) intercalati a marne fogliettate bituminose; spessore complessivo m 25 circa.
  5. Marne argillose talora bituminose fogliettate; 5-8 m.
  6. Banco di calcare solfifero con spessore variabile fra m 0,5 e m 20, accompagnato alla base da calcare un po' selcifero sterile (spessore in genere non superiore al metro). Lo strato solfifero passa lateralmente in alto e in basso a calcare sterile.
    Fuori della zona mineralizzata i gessi aumentano notevolmente di spessore e costituiscono completamente anche i livelli 6 e 5, finchè al fondo del bacino si ha un unico complesso e con interstrati marnosi assai subordinati e con uno spessore totale di circa 30 m.
  7. Marne stratificate un po' bituminose con intercalazioni di tripoli (di m 1-0,40) presso la base; spessore complessivo m 15-20.
  8. Marne grigio-verdastre con qualche lieve impregnazione bituminosa; m 20.
  9. Marne grigie (Schlier argilloso) passanti alle sottostanti.
  10. Marne grigio-biancastre dello Schlier; spessore dei livelli 1 e 2 m 300 circa.

Età: livello 1 Elveziano, 2 e 3 Tortoniano, gli altri Messiniano. Da notare che al margine SW del bacino (Radicosa) intercalano fra i livelli 2 e 3 delle arenarie per uno spessore fino ad 80-90 m; ciò richiama i caratteri della serie precedente. Sensibili sono le variazioni di spessore degli orizzonti descritti nelle varie parti del bacino.

B) Sinclinale di Montecalvo in Foglia-Isola del Piano-Reforzate (1).

Sul fianco NE di questa piega il Messiniano affiora quasi continuo dal Foglia fino ai dintorni di Vergineto; però le cattive esposizioni e i frequenti disturbi tettonici non consentono ricostruzioni stratigrafiche precise. Prenderemo perciò in esame gli affioramenti del fianco SW della sinclinale, che sono assai meglio studiabili. Essi orlano con una lunghissima fascia continua il margine esterno dei rilievi mesozoici della Cesana e del Furlo-Arcevia dal Foglia fin poco oltre il Misa con uno sviluppo complessivo di oltre 60 km Le serie prese in considerazione illustrano assai bene i cambiamenti di facies e di spessore di questo Messiniano.
Nella zona di S. Lorenzo in Zolfinelli dai dati raccolti sul terreno e dai vecchi lavori minerari si può ricostruire la serie seguente:

  1. Potente complesso di argille grigiastre che riempiono il fondo della sinclinale; m 450-500. Da notare che verso NE e NW (dintorni di Montecalvo in Foglia e Auditore) esse passano lateralmente in parte ad alternanze argilloso-molassiche e a molasse.
  2. Alternanza di argille e molasse cenerognole; m 70 circa.
  3. Marne argillose grigiastre ben stratificate talora un po' bituminose; m 35.
  4. Alternanza di gessi e marne bituminose fogliettate; in alto nel gesso e nelle marne sono noduli di solfo "saponaceo"; spessore totale m 20 circa.
  5. Banco di calcare solfifero di m 1-1,50 e fino a 3 m
  6. Calcare un po' siliceo sterile; m 0,50.
  7. Marne listate con bande bituminose, qualche straterello calcareo selcifero (fino a 5 cm) e intercalazioni tripolacee con filliti (140); m 30 circa.
  8. Potente alternanza di molasse con intercalazioni marnose; spessore sui 250 m
  9. Marne grigio-biancastre dello Schlier; m 310 circa.

Il livello 1 rappresenta l'Elveziano; il 2 e parte del 3 il Tortoniano; il rimanente del 3, i livelli 4-8 e parte bassa del 9 il Messiniano; gran parte del 9 appartiene al Pliocene inf. e medio p.p. Il complesso a colombacci deve trovarsi presso la base dell'orizzonte 9 (v. serie seguente).

(1) Malgrado quanto è indicato nella carta geologica ufficiale, il messiniano non affiora nella sinclinale di Urbino-Calmazzo-Cartoceto sul Tarugo, cioè in quella immediatamente a SW a questa in esame.


A monte di Isola del Piano e più precisamente fra il M. Romanino e il paese, la serie messiniana si presenta in tal modo:

  1. Argille marnose grigiastre entro cui si intercalano almeno due (ma forse più) orizzonti calcarei a colombacci e, al basso, qualche strato molassico; spessore affiorante m 150 circa.
  2. Argille marnose grigiastre anche qui con qualche rarissima intercalazione molassica; m 130 circa.
  3. Almeno 8 strati di gesso sempre più o meno arenacei (spessore variabili da m 2 a m 0,5), intervallati da marne argillose fogliettate e talora un po' bituminose; spessore totale m 45 circa.
  4. Calcare marnoso e gessifero che può arrivare a quasi due metri o ridursi a pochi decimetri.
  5. Marne stratificate con bande bituminose e intercalazioni tripolacee; lo spessore, forse sui 30-40 m, non è rilevabile ad Isola del Piano causa i disturbi tettonici.
  6. Potente complesso molassico con banchi fino a 5-6 m separati da marne assai subordinate; m 180 circa.
  7. Marne grigiastre (Schlier argilloso) passanti alle
  8. Marne grigio-biancastre dello Schlier; spessore totale dei livelli 1 e 2 m 290 circa.

Il livello 1 appartiene all'Elveziano, quelli 2, 3 e parte del 4 al Tortoniano, il rimanente al Messiniano. Fra Isola del Piano e il Metauro la serie mantiene all'incirca i medesimi caratteri; da notare invece che sul fianco NE della sinclinale (specialmente fra Scotaneto e Castel Gagliardo) i tripoli tipici raggiungono uno spessore di diversi metri; notevole è anche lo sviluppo del gesso (livello 5) nei dintorni di S. Martino Casalduca. Fra Isola di Fano e il M. Peglio in superficie la serie è così costituita:

  1. Molasse giallastre con scarsi interstrati argillosi; dati i molto passaggi laterali ad argille il loro spessore oscilla fra 50 e 100 m
  2. Argille azzurre; m 200.
  3. Argille grigiastre con interposti 5 orizzonti calcarei a colombacci (ogni orizzonte ha 2-4 m di spessore) di cui il primo e l'ultimo delimitano il complesso: presso Reforzate fra i due orizzonti più alti compaiono delle molasse; spessore complessivo m 190-200.
  4. Argille marnose grigie fetucciate, stratificate e con impregnazioni bituminose; m 45-50.
  5. Serie gessifera costituita da una decina di strati di gesso con spessori variabili fra pochi e 70 cm (talora anche un metro) separati da marne bituminose fogliettate; entro queste marne e i gessi sono noduli e lenticelle di zolfo "saponaceo". Il gesso basale a S; Ippolito e sul fondo della sinclinale (come hanno dimostrato le ricerche minerarie) può ispessirsi fino a 10 m; spessore totale della serie m 60 circa all'affioramento, m 38 nelle discenderie presso il fondo della sinclinale.
  6. Calcare marnoso con solfo saponaceo di m 0,5-1.
  7. Marne argillose stratificate e bituminose con intercalazioni tripolacee; pochissimi metri.
  8. Alternanza di molasse e marne argillose stratificate; m 80 circa.
  9. Marne argillose stratificate; m 120-140.
  10. Marne grigiastre dello Schlier alto senza stratificazioni.
  11. Marne grigio-biancastre dello Schlier; spessore totale di 1 e 2 m 290.

L'orizzonte 1 è dell'Elveziano; quello 2, 3 e 4 (salvo gli ultimi metri) sono tortoniani; gli ultimi metri del 4, i livelli 5-9 e i 40 m inferiori del 10 sono del Messiniano; il restante 10 e l'11 appartengono al Pliocene inf.
Procedendo dal Tarugo al Cesano il Messiniano si riduce notevolmente; così ad es. i livelli 3 e 4 in sinistra del Tarugo hanno insieme 240 m di spessore, a SW di Fratte Rosa 170 m e presso S. Vito sul Cesano solo 60 m; contemporaneamente le intercalazioni molassiche si riducono fino a praticamente sparire. Anche la formazione gessoso-solfifera subisce notevoli cambiamenti; così già a M. S. Angelo i livelli 6 e 7 sono ridotti a soli 8-9 m e a S. Vito sul Cesano a 5-6 m (altrettanto sul Cesano stesso).
Fra il Cesano e il Torr. Fenella affiora la serie seguente:

  1. Molasse giallastre, corrispondenti al livello II della serie precedente.
  2. Argille grigie (= liv. 10 di Isola di Fano). Questo e il termine sovrastante sono affetti da numerosi passaggio verticali e orizzontali per cui il loro spessore varia notevolmente; così la potenza di queste argille oscilla fra 110 e 250 m.
  3. Argille grigie con intercalati 5 orizzonti a colombacci; il loro spessore diminuisce progressivamente dal Cesano al Fenella passando da 130 a 90 m.
  4. Argille bituminose fettucciate con 35-20 m.
  5. Gessi in strati (almeno 4-5 principali) di 20-40 cm, intercalati a marne bituminose fogliettate; spessore complessivo massimo m 15-20.
  6. Marne argillose grigio-verdastre con qualche banda bituminosa nella parte alta e rare e sottili intercalazioni sabbiose (= liv. 3 e 4 della serie precedente); spessore 50-60 m
  7. Marne argillose senza stratificazione dello Schlier alto.
  8. Marne grigio-biancastre dello Schlier; spessore totale di 1 e 2 m 280 circa.

Il livello 1 appartiene all'Elveziano; il 2 e buona parte del 3 al Tortoniano; il restante 3, 4-6 e parte bassa del 7 al Messiniano; il rimanente 7 e l'8 al Pliocene inf.
Dal Fenella il Messiniano prosegue ancora verso SE fin oltre il Misa, finchè a pochi km a SE di Colle Aprico sparisce sotto il Pliocene tagliato dalla grande faglia marginale della Montagna della Rossa. In quest'ultimo tratto la potenza dei vari termini messiniani si riduce ancora: infatti i livelli 6 e 5 insieme hanno m 50 di spessore (1), il livello 4 mantiene 15-20 m e il livello 3 m 35-40. Credo inutile ripetere anche per questo tratto la descrizione dei vari complessi; mi limito solo a dire che la formazione gessoso-solfifera è rappresentata da almeno 5-6 orizzonti di gesso, il più basso dei quali può raggiungere anche i 10 m di spessore, e contiene, sia nei gessi sia nelle marne bituminose interposte, noduli di zolfo "saponaceo", specialmente alla base.
Questa di cui mi sono occupato finora è la fascia esterna, devi però ricordare che dal Fenella fino a S di Colle Aprico esiste un'altra serie di affioramenti messiniani più interni disposti a sinclinale. Qui la formazione gessoso-solfifera assume uno spessore maggiore e il gesso basale riccamente moschettato di zolfo raggiunge anche i 20 m di spessore.

C) Sinclinale di Tomba di Pesaro-M. delle Forche-Cerasa.

Sul fianco NE di questa sinclinale l'unico affioramento, dove compaiono anche i livelli più bassi del Messiniano si ha presso Cuccurano (Ferretto). Sulla gamba SW invece il Messiniano completo è assai più diffuso, portato a giorno dalla anticlinale di Mombaroccio (pag.56). La fascia sopramiocenica sudoccidentale della nostra sinclinale è però assai disturbata tettonicamente per cui la ricostruzione delle serie stratigrafiche non è sempre agevole.
Negli immediati dintorni di Mombaroccio a NW del paese lungo l'Arzilla e a SE presso il Castello di Ripalta affiora la serie seguente:

  1. Argille azzurre che riempiono il fondo della sinclinale del M. delle Forche; non è possibile stabilire lo spessore che deve però ascendere a qualche centinaio di metri.
    (1) Mentre fra il Metauro e il Fenella i 5 orizzonti a colombacci sono ben distanziati e facilmente seguibili sul terreno, a SE del Fenella si avvicinano talmente da non potersi più separare fra loro.


  2. Potente complesso di molasse gialle con subordinate intercalazioni argillose passante lateralmente e in alto alle argille; un orizzonte a colombacci si intercala nella parte più alta del complesso, un altro in quella più alta; spessore superiore ai 400 m
  3. Argille grigie con intercalazioni di colombacci; m 90 circa.
  4. Marne argillose grigio scure bituminose fogliettate.
  5. Alcuni strati di gesso, per lo più con spessore di qualche decimetro talora anche di un metro, intervallati da marne argillose bituminose fogliettate.
  6. Marne biancastre tripolacee e tripoli veri e propri; lo spessore complessivo dei livelli 3-5 è di 90 m circa, rappresentati però in grande prevalenza dall'orizzonte 5.
  7. Marne argillose grigiastre a bande bituminose, talora con qualche raro straterello arenaceo; m 40-50.
  8. Schlier alto grigiastro argilloso.

I livelli 1 e 2 rappresentano il Tortoniano; quelli 3-6 e quasi tutto il 7 il Messiniano; il rimanente il Pliocene inf. e medio p.p.
Presso la Tombolina (Montemaggiore) la serie non è molto diversa:

  1. Potente serie argillosa che riempie il fondo della sinclinale di Cerasa.
  2. Alternanze di molasse e marne con prevalenza delle prime; presso l'apice un orizzonte a colombacci; spessore notevole aggirantesi sui 400-420 m
  3. Argille con intercalazioni molassiche abbondanti e alcuni orizzonti di colombacci; m 90 circa.
  4. Marne argillose con qualche straterello arenaceo specie nella parte alta; m 20.
  5. Alternanza di qualche strato di gesso (quello basale può arrivare anche a 3 m) e marne bituminose fogliettate; mineralizzazioni di zolfo si trovano particolarmente sopra lo strato di gesso più basso; spessore totale 6-9 m
  6. Calcare marnoso con zolfo; m 1-1,5 di spessore. Sotto compare uno strato di calcare duro compatto anch'esso di m 1,5 di spessore.
  7. Marne argillose stratificate con qualche intercalazione molassica e bande bituminose.
  8. Schlier argilloso alto.

I livelli 1 e 2 sono tortoniani; quelli 3-6 e grande parte del 7 messiniani; l'apice del 7 è del Pliocene inf. e medio p.p.; l'8 invece appartiene per buona parte al Pliocene medio p.p. e sup.
Nell'affioramento di Ferretto, l'unico come si è detto del fianco NE della sinclinale, la porzione inferiore della serie si presenta come ai livelli 1-5 di Mombaroccio (v. sopra); il livello 6 invece (complesso a colombacci) qui è completamente molassico come il sovrastante livello 7.

D) Zona litoranea.

Qui il Messiniano compare in due fasce ai lati dello pseudodiapiro di Schlier di Cuccurano. Nella fascia di SW si presenta la serie già accennata di Ferretto; in quella di NE invece passante per Calibano, Novilara e M. Giove la successione presenta un nuovo sensibile cambiamento di facies. Qui infatti compare un'unica potentissima serie essenzialmente molassica che rappresenta tutto il Messiniano, il Pliocene inf. e parte del Pliocene medio. La formazione gessosa è ridotta a qualche straterello di gesso arenaceo e l'unica lente gessifera vera e propria è quella di S. Andrea essa pure immersa nelle molasse. I depositi sabbioso-arenacei prevalgono in modo assoluto e le intercalazioni marnoso-argillose, sempre un po' sabbiose e nettamente subordinate si fanno più frequenti nella porzione pliocenica della serie. Ad ogni modo anche in questa zona sono riconoscibili le due formazioni caratteristiche del Messiniano, quella gessosa e quella a colombacci.
Da ultimo devo ricordare un fatto geologicamente assai interessante. Nelle Molasse messiniane immediatamente sottostanti a quelle a colombacci compare, a circa 1 km a N di Candelara, uno strato di sabbia vulcanica assai grossolana; i grossi granuli pomicei, che la costituiscono denunciano una provenienza piuttosto vicina, forse da oriente (1).

Le molte serie descritte e le colonne stratigrafiche della Tav. III illustrano bene le numerose variazioni di facies e di spessore dei terreni messiniani; è però opportuno aggiungere due parole circa la distribuzione spaziale delle varie successioni stratigrafiche e le deduzioni relative.
Nelle sinclinali interne della catena (colonne 1-6 della Tav. III) la serie affiorante cessa poco dopo l'inizio del Messiniano sup. (Pietrarubbia-Urbania, Ca' Bernardi) o ancor prima (Serraspinosa-Pantana, M. Aiate). Data anche la

(1) Naturalmente questa sabbia vulcanica, di cui mi è noto finora il solo affioramento di Candelara, non ha niente a che fare per composizione ed età con quella già ricordata entro il Bisciaro (pag. 28).


natura dei depositi che chiudono questa serie, pare abbastanza chiaro che il colmamento completo di questi bacini dovette avvenire prima della fine del Messiniano. Le notevoli variazioni di facies, soprattutto per quanto riguarda il Messiniano inf. e il Tortoniano, dimostrano che le varie sinclinali interne corrispondono spesso ad antichi bacini a comunicazioni imperfette e con depositi assai diversi per spessore e natura.
Tutto ciò ha importanza notevole per datare la progressiva emersione di questo tratto della catena marchigiana e per chiarire le condizioni di certe mineralizzazioni solfifere (pag. 116).
Le colonne 7-12 della Tav. III illustrano bene le variazioni progressive del Messiniano all'orlo NE della catena marchigiana (sinclinale di Isola del Piano-Reforzate-Colle Aprico). Infatti da NW verso SE spariscono progressivamente le molasse di letto e la serie si riduce notevolmente di spessore. È anche interessante osservare che le molasse tortoniane non si spingono a NE del rilievo Colbordolo-Bargni-Vergineto. Tutto ciò dimostra che già nel Tortoniano si avevano aree emerse e ineguaglianze nel fondo marino, che determinavano una irregolare distribuzione degli apporti terrigeni. In particolare si può notare che il rilievo Colbordolo-Vergineto, pur non emergendo; tuttavia era già abbozzato nel Messiniano-Tortoniano, tanto da consentire ai suoi due fianchi il deposito di serie assai diverse (si confrontino le colonne 7-12 e 13-14 della Tav. III).

La serie affiorante ai due lati della sinclinale di Tomba di Pesaro-Cerasa presenta un enorme ispessimento molassico in corrispondenza della parte più alta del Messiniano superiore (colonne 13-14 della Tav. III). Ciò consente di supporre che, mentre le serie molassiche ricordate in precedenza dovettero essere alimentate essenzialmente dalla catena e dalle formazioni marnoso-arenacee umbra e romagnola, queste della sinclinale in parola ebbero piuttosto un'origine adriatica (pagg.39, 147, 176).
Le diversità di facies del Pliocene inf.-medio p.p. ai due lati del rilievo M. Balante-Cuccurano (argilloso nella sinclinale di Tomba di Pesaro, molassico nella regione costiera) fa pensare che anche questa struttura dovette abbozzarsi fin dall'inizio del Pliocene. Anche per questi depositi molassici è supponibile un'origine prevalente adriatica (1).
Le cartine 2-4 della Tav. IV servono a dare un'idea schematica delle differenze e distribuzioni di facies accennate. Da tute queste osservazioni risulta evidente che la varia distribuzione, la diversa età e la diversa provenienza dei materiali molassici hanno una notevole importanza paleogeografica e indirettamente anche tettonica.

(1) Lo studio del Miocene e Pliocene inf.-medio p.p. nella nostra regione mostra molto chiaro il rapporto che intercorre fra strutture e distribuzione di facies molassiche. Come mi hanno provato le ricerche geologiche e geofisiche nella restante avanfossa marchigiana, il fatto si ripete anche per i terreni marini pliocenici e quaternari successivi. Infatti a S dell'Esino spesso l'orlo NE delle maggiori intercalazioni molassiche del Pliocene medio-sup. corrisponde a strutture profonde sepolte. L'interpretazione del fenomeno mi pare sia chiara dopo quanto ho detto.