PARTE VI
IDROLOGIA SUPERFICIALE E SOTTERRANEA
CAPITOLO III
UTILIZZAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE
3. Utilizzazioni per forza motrice
Tralasciando, stante la loro trascurabile importanza, i modestissimi impieghi per molini, piccoli opifici, ecc., che si valgono delle acque fluenti due soli sono gli impianti in funzione nel nostro bacino: centrale dei Raggioli, che sfrutta le acque trattenute dalla diga del Furlo, e centrale della Liscia (Fano) che si serve delle acque fluenti nel vallato del Porto. Le condizioni idrologiche del bacino del Metauro e quelle morfologiche delle sue valli permetterebbero però ben più notevoli utilizzazioni idrauliche per forza motrice.
Per le notevoli variazioni di portata durante l'anno (pag. 191) di scarso rilievo sarebbe l'impiego completo delle acque fluenti, del resto già in gran parte attuato da piccole utenze. A titolo di orientamento riporto dal PERRONE (132) la forza motrice in Hp ritraibile dai deflussi liberi delle aste fluviali principali (Metauro, Candigliano, Biscuvio, Burano, Bosso): novembre-aprile 12511, maggio-giugno 6463, luglio-ottobre 4628, in forte magra 3677.
A ben diverso risultato si potrebbe pervenire con la creazione di bacini artificiali atti a regolare in parte i deflussi, sbarrando in punti adatti le vallate; ciò è consentito dalla frequenza di ottime gole e strette nella regione metaurense. Esiste al riguardo un pregevole studio del Servizio Idrografico (212), a cui rimando. Ricordo che secondo tale progetto la potenza realizzabile dal Metauro e commisurata alla portata con durata di 6 mesi (che è quella più prossima alle condizioni pratiche di funzionamento e sulla quale si può effettivamente contare) è di 66.506 Hp in media e 77.974 Hp come massimo. Gli impianti attualmente in funzione, sempre rapportati a portata con durata di 6 mesi, danno rispettivamente solo 5805 Hp in media e 7062 come massimo. In parole povere le utilizzazioni attuali rappresentano appena 1/10 delle disponibilità.
Esula dalle mie intenzioni e competenza l'esame del progetto accennato, che prevede la costruzione di 12 serbatoi con una capacità complessiva di 126,4 mil. di m³ e 24 impianti per la produzione dell'energia elettrica con la potenza complessiva sopra accennata. Credo però utile esaminare rapidamente, anche sulla scorta delle informazioni fornitemi dal Servizio Idrografico, le ubicazioni proposte per le dighe. È superfluo aggiungere che, qualora si pensi a realizzare le opere saranno necessarie ricerche geologiche assai più complete e più vaste.
Doga Mucci. Sul torrente Auro a q. 530 (1); altezza proposta m 50; invaso 8,1 mil. m³ . La stretta è morfologicamente favorevole ed incisa nella formazione marnoso-arenacea; gli strati pendono di una ventina di gradi verso SW e sono localmente costituiti da arenarie (fino ad oltre un metro di spessore) alternati con marne dure. La giaciture e la natura delle rocce assicurano impermeabilità e buoni appoggi. Sul fondo e sulla destra non dovrebbero essere necessari notevoli sbancamenti, sulla sinistra invece occorrerà allontanare il materiale detritico e di frana.
Diga Guinza. Sul torrente S. Antonio a q. 540; altezza proposta m 50; invaso 5,9 mil. m³ . Il profilo della valle è abbastanza stretto e ripido. La formazione marnoso-arenacea ha scarsa compattezza; pendenza 10° circa verso SW. Sfavorevole la natura litologica; più che tentare ampi scavi per trovare forse la roccia più compatta è preferibile cercare nelle vicinanze un'altra ubicazione.
Diga di Urbania. Sul Metauro a q. 242; altezza proposta m 25; invaso 3,2 mil. m³ . È un bel solco a fondo pianeggiante e con fianchi subverticali costituenti la ripa del III terrazzo. Il Tortoniano affiorante è costituito da potenti banchi arenacei di qualche metro di spessore; buona la cementazione; gli strati pendono di circa 40-45° verso SW, hanno cioè direzione normale alla diga proposta. Ottime le condizioni di stabilità, non altrettanto quelle di impermeabilità (le filtrazioni però dovrebbero diminuire con tempo). Occorre però che lo sbarramento non raggiunga le alluvioni che coprono il terrazzo; minimo dovrebbe essere lo sbancamento.
Diga Cicolina. Sul Candigliano a q. 490; altezza proposta m 46; invaso 8 mil. m³ . La valle è abbastanza stretta; anche la formazione marnoso-arenacea sembra avere qui buoni caratteri di stabilità e impermeabilità; localmente però gli strati hanno una generale pendenza verso NE. Occorrerà per questo una ricerca geologica accurata.
Diga S. Andrea. Sul Biscuvio a q. 400; altezza proposta m 54; invaso 18 mil. m³ . Bella stretta entro la scaglia rossa; in basso sul torrente affiorano i calcari marnosi tipici con 11-18° di pendenza verso NW o WNW, in alto invece gli strati sono più marnosi e pieghettati. Ottima è dal punto di vista delle stabilità; occorrerà però non alzare troppo la diga o tenersi il più a valle possibile per evitare le marne superiori, che non darebbero ancoraggi solidi. La zona ha disturbi tettonici di dettaglio trasversali alla valle, per cui non sono da escludersi, almeno nel periodo iniziale del funzionamento, piccole perdite dato che la roccia presenta una buona permeabilità per fessurazione; nel nostro caso il pericolo è minore, perché la parte alta della scaglia rossa presenta un maggio contenuto marnoso.
Diga del Castello di Naro. Sul Candigliano a q. 237; altezza proposta m 53; capacità 20 mil. m³ . È una bellissima gola incisa per poco più di 20 m con pareti verticali e larga 15 m; sopra si slarga, però conserva ancora ottimi caratteri morfologici. La scaglia rossa è l'unica roccia affiorante e si presenta molto calcarea e compatta; è però anche molto fessurata e pieghettata, specialmente a valle del ponte attuale, con pendenze variabili fra 35-65° verso SW. Perciò se sono buone le condizioni di stabilità e limitato deve essere lo scavo per trovare buoni ammorsamenti, non altrettanto può dirsi per l'impermeabilità del bacino proposto, che si troverebbe quasi tutto invasato nella scaglia rossa; vi è infatti pericolo di perdite sul fianco sinistro del bacino previsto con aggiramento della diga.
Diga di Fermignano. Sul Metauro a q. 157; altezza proposta m 38; capacità 38,2 mil. m³ . Dal punto di vista morfologico è una stretta abbastanza buona anche se non molto angusta. L'ubicazione proposta è in corrispondenza del Bisciaro, localmente molto contorto e rotto, perché costituisce il nucleo pseudodiapirico dell'anticlinale Urbino-Montepolo. Questi fatti pregiudicano la stabilità e la tenuta; per la permeabilità per fessurazione della roccia in simili condizioni.
Diga Isola. Sul Certano a q. 445; altezza proposta m 45; capacità 10,9 mil. m³ . Non è una stretta, ma solo un modesto restringimento della valle. Affiora la parte alta della formazione marnoso-arenacea (pag. 25), con prevalenti grossi banchi di arenaria e saltuarie intercalazioni marnose. Dal punto di vista litologico buone sono la stabilità e la tenuta. Ci troviamo però sul fianco SW della sinclinale di Serra Maggio e quindi con strati inclinati di circa 30° verso NE; non dovrebbe però essere questo un elemento molto sfavorevole data la natura della roccia.
Diga di Pianello. Sul Bosso a q. 355; altezza proposta m 25; capacità 2,2 mil. m³ . Si trova in condizioni geologiche del tutto analoghe a quella di S. Andrea; solo qui la scaglia rossa è stratigraficamente più bassa e con inclinazione di 70° verso SW. Buone perciò le possibilità per uno sbarramento.
Diga Cà Paravento. Sul Burano a q. 431; altezza proposta m 51; capacità 9,1 mil. m³ . Bella e stretta gola con pareti subverticali. La formazione marnoso-arenacea presenta la tipica alternanza dei due tipi litologici in proporzioni pressoché uguali in istrati di mezzo metro circa; pendenza 34° verso NE. Abbondante il materiale di disfacimento e di frana. Al momento non appaiono condizioni sufficienti di stabilità per l'erezione d'una diga così alta; con ricerche accurate si potrebbe forse trovare nelle vicinanze l'ubicazione più favorevole.
Diga di S. Lazzaro. Sul Metauro a q. 98,5 altezza proposta m 26,6; capacità 6,4 mil. m³ . È quella già ricordata in precedenza per l'uso irriguo (pag 239). Morfologicamente è una bellissima stretta con fianchi a picco. L'ubicazione è in corrispondenza del calcare rupestre suborizzontale, ma con frequenti piccole faglie e disturbi connessi. Ottime le fondazioni e gli ancoraggi; bisogna però tener presente che le evidenti tracce carsiche entro questo rupestre e la sua giacitura potrebbero rendere imperfetta la tenuta. Occorre perciò un esame attento e qualora si prevedesse il pericolo sarebbe possibile ovviarvi spostando un po' più a monte o a valle la diga o procedendo ad impermeabilizzazioni. Credo inutile accennare alla possibilità di sbarramento in molte altre strette (Gorgo a Cerbara, Foci del Bosso, Foci del Burano, ecc.).
Da quanto esposto si può concludere: rispetto alla stabilità sono deficienti le ubicazioni di Guinza, Fermignano e Cà Paravento; con una scelta migliore rispetto alle condizioni geologiche, con scavi profondi e con adatti tipi di dighe si potrà costruire ugualmente anche se non fino all'altezza prevista. Per quanto riguarda la tenuta qualche preoccupazione si presenta solo per i bacini del Castello de Naro, Fermignano e S. Lazzaro; ma almeno per i due ultimi i rimedi sono facili; in altri invasi piccole perdite iniziali dovrebbero presto arrestarsi. È intuitivo che sono tutti questi cenni di orientamento. Ad ogni modo specialmente per la tenuta può essere assai proficuo un accurato studio sulle condizioni di funzionamento del bacino del Furlo, il quale, pur essendo sbarrato in corrispondenza del calcare massiccio , non sembra subisca perdite; il fatto va controllato con molte cure avendo il bacino una minima capienza rispetto alle portate del Candigliano. Nella costruzione della diga si incontrò la roccia in posto a 13 m circa sotto l'alveo preesistente (che era a q. 137,40) e le fondazioni furono poste altri 8-9 metri più in basso fino all'incontro della roccia sana.
Su un'ultima questione importante occorre intrattenerci e cioè sul futuro interrimento di questi bacini proposti. Le nostre conoscenze in genere e in particolare per il bacino del Metauro sono assai scarse; certo si è che ogni progetto per la creazione di laghi artificiali nella nostra regione dovrà tenerne conto in sommo grado. I valori di trasporto solido (pag. 197) sono puramente indicativi ed avrebbero un certo valore solo per un eventuale unico bacino costruito fra Urbania e Fossombrone; d'altra parte andrebbero sempre presi con le dovute cautele per quanto riguarda l'interrimento di un invaso.
Valori più attendibili possiamo ricavare dall'accurato studio per il bacino di Quarto (alta valle del Savio) (222), il cui bacino di alimentazione è tutto inciso nella formazione marnoso-arenacea romagnola identica litologicamente alla nostra umbra. Qui infatti si è notato un interrimento notevole di ben 1489 m³ / km2 (senza tener conto degli avvallamenti di sponda), per cui in poco meno di 8 anni l'invaso si è ridotto del 52% del volume iniziale (4,5 mil. m³).
Valori analoghi di portate solide sono da aspettarsi per i bacini accennati di Mucci, Guinza, Cà Ciccolino, S. Andrea, Isola, Cà Paravento. però se anche per alcuni le attività di trasporto possono essere maggiori a causa della maggior pendenza dei corsi d'acqua alimentatori, tuttavia non vi è motivo di eccessive preoccupazioni, date le notevoli capacità d'invaso e la limitata superficie dei bacini di raccolta. Infatti applicando la formula di Singer si ottengono, per tutti questi laghi artificiali proposti, durate superiori ai 130 anni. Il pericolo è invece gravissimo per il bacino d'Urbania, che per di più avrebbe una modesta capacità iniziale; infatti, anche tenendo conto che una modesta parte della sua vasta zona di alimentazione, quasi tutta in rocce facilmente erodibili, è sbarrata dalle dighe Mucci e Guinza, esso si colmerebbe in pochi anni. È qui perciò necessaria una attenta sistemazione montana mediante briglie, rimboschimenti, ecc. Per tutti gli altri laghi artificiali l'interrimento sarà con ogni probabilità limitato; cionondimeno, anche per regolarizzare le portate, sarà prudente una sistemazione dei vari bacini torrentizi.
Qualora venisse solo creato il serbatoio di S. Lazzaro, per gli usi detti (pag. 239), l'insidia solida sarebbe qui non indifferente? È ben vero che la maggior parte delle acque verrebbe ad essere decantata dal bacino del Furlo, per il cui interrimento rimando a pag. 199, ma resterebbero quelle del Metauro di Calmazzo che dal punto di vista del trasporto solido sono assai più pericolose di quelle del Candigliano.
Come si vede dalla disamina fatta in questo capitolo le possibili utilizzazioni idrauliche del Metauro e dei suoi affluenti sono molto notevoli e permetterebbero un grande progresso agricolo e industriale della regione. Non si è naturalmente tenuto conto, nell'esposizione, dei diritti precostituiti, che sono del resto poca cosa, nè delle parziali interferenze fra le varie utilizzazioni, in ispecie fra quelle a scopo irriguo e per forza motrice; ma non è certo compito mio entrare in simili questioni.