'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE VI
IDROLOGIA SUPERFICIALE E SOTTERRANEA
CAPITOLO V
DEGRADAZIONE DEI VERSANTI

In appendice alla trattazione idrologica si può accennare anche a questo argomento. È noto però quanto siano vari e complicati i processi che determinano la degradazione dei versanti e che in ultima analisi operano il modellamento morfologico; volerli esaminare a fondo significherebbe fare un'esposizione lunga e di scarsa utilità. Per gli scopi pratici ha invece importanza l'esame concreto dei fenomeni in aree localizzate e volto alla soluzione di particolari problemi, come sistemazione di un bacino montano, di una frana, bonifica idraulica, ecc. Ma questo non è certo possibile qui per l'eccessivo spazio che occuperebbe.
Mi limiterò quindi ad alcuni concetti d'indole generale, parte dei quali sono già stati accennati nelle pagine precedenti.

Fra i processi di disfacimento fisico ha particolare importanza per alcune zone l'azione del gelo; essa si esplica in modo particolare sulla formazione marnoso-arenacea, sulla scaglia cinerea, sugli strati a Fucoidi e sulle marne del Bisciaro e dello Schlier, dove determina un minuto sfatticcio argilloso-sabbioso o argilloso-marnoso a seconda dei casi; più limitato è il suo effetto sulle altre formazioni del Neogene esterno, per la maggiore saltuarietà del fenomeno; la scaglia rossa e bianca ne risentono notevolmente disfacendosi in frammenti grossolani; scarso è invece l'effetto sulle rocce calcaree più antiche. La degradazione termica pura e semplice in genere non ha importanza eccessiva; la scaglia rossa per il suo colore ed essenza o quasi di vegetazione ne risente maggiormente.
Già abbiamo parlato del disfacimento chimico delle rocce calcaree (pag. 210).
Altre azioni solventi e altre ossidanti, idrolitiche, biochimiche ecc. hanno importanza per il terreno agrario, per la ferrettizzazione delle alluvioni antiche o per particolari casi, ma non per la degradazione complessiva dei versanti. I frammenti derivanti dal disfacimento delle rocce calcaree si accumulano ai piedi dei versanti in fasce, raramente in coni detritici; ciò si verifica in modo particolare per la scaglia rossa. Cospicui accumuli abbiamo un po' su tutti i fianchi dei rilievi mesozoici; si possono ricordare quelli del Paganuccio (Fosso del Rio), Montiego (Valle del Candigliano), Nerone (Costa i Ranchi), ecc.
L'erosione al piede dei corsi d'acqua ne impedisce talora la formazione o ne provoca il franamento (Piobbico); I materiali minuti di disfacimento dei terreni marnosi e arenacei diventano facile preda delle acque dilavanti e costituiscono, praticamente da soli il cospicuo trasporto torbido dei corsi d'acqua (pag. 197 e 246).

Un cenno particolare meritano le frane, per la loro frequenza e, in certi casi, gravità. Passerò brevemente in rassegna i vari terreni dal punto di vista della franosità (1).
Calcari prealbiani. Dato il facile smaltimento delle acque sotterranee sono le rocce staticamente più stabili; qua e là si osserva qualche scoscendimento antico, privo però d'importanza pratica.
Marne e Fucoidi. Danno rari e per lo più modestissimi scorrimenti con passaggio a smottamenti. Forse con esse è in relazione la cospicua frana della Vena Grossa (3,2 ha) (9).
Scaglia bianca e rossa. Non ha scaglia in sè, salvo rari casi dove più intense sono le fratturazioni d'origine tettonica, è franosa, ma il suo detrito. In queste frane, che sono forse le più cospicue e preoccupanti della regione, è necessario distinguere se gli strati sono a franapoggio o a reggipoggio; in entrambi i casi sono caratterizzate dalla rapidità (maggiore nel secondo); nel primo caso è frequente la ripetizione o la ripresa del fenomeno. Esempio notevole di frane di detrito con strati a clinapoggio è quello di Piobbico (9); altre analoghe si verificano in concomitanza di periodi piovosi nelle fasce detritiche (C. Trioni ad E di Palcano, Vallicelle sul versante NE del Paganuccio, ecc.), ma non minacciando abitati o strade passano spesso inosservate o quasi. Frana cospicua di detrito con strati a reggipoggio è quella ben nota di S. Lazzaro (Fossombrone), che danneggiò abitati, la Flaminia e la ferrovia; nè malgrado i tentativi di sistemazione la minaccia di ulteriori franamenti è sventata.
Scaglia cinerea. Può dar luogo a qualche scivolamento con accenni di smottamento, ma di piccola entità e quindi trascurabili.
Bisciaro e Schlier. Sono formazioni, specialmente il secondo, che a causa della degradazione fisica superficiale, possono dar luogo ad ampie pendici franose con scivolamenti e frequenti smottamenti. Fra le aree più cospicue si possono ricordare le pendici S di M. Varco, sul fianco destro del Fosso di

(1) Per altre notizie rimando al lavoro di ALMAGIA' (9).


Cherio in frazione Drogo (Cagli), per una superficie complessiva di oltre 100 ha, dove talora è stato sbarrato il Fosso di Cherio, che contribuisce ai movimenti franosi con la sua erosione al piede. Franosi sono pure le pendici E del M. S. Lorenzo presso Cà Sensi (Cagli) per una superficie di circa 18 ha, la testata del Rio che da Cà Maestà scende a Smirra (Cagli) (30 ha circa). I franamenti dello Schlier hanno spesso interrotto la strada comunale Fermignano-Acqualagna e quella passante per Cherio. Cospicua zona franosa è nei dintorni di Cà Volpone, sulla sinistra del Fosso di S. Maria degli Angeli a SE di Urbino, che spesso ha interrotto la strada Fermignano-Calmazzo (nel 1905 per 100 m).
Formazione marnoso-arenacea. Sono certamente fra i terreni più franosi, però sono assai rari in essi estesi movimenti, mentre sono frequentissime frane di proporzioni modeste o modestissime, cui Almagià applica il termine "lame" (1), in relazione con la fusione delle nevi o con periodo piovosi. Zone caratteristiche sono i fianchi del Montaccio, Poggio della Biforca, M. Lucano, ecc. Fra le frane più cospicue si possono citare quella antica del versante S del Montaccio (Borgo Pace), che raggiunse il Meta sbarrandolo per breve tempo, e l'altra di Cà Mariotta alle falde S del M. dei Sospiri (Apecchio) con ripetuti movimenti anche recenti (5 ha).
Tortoniano-Messiniano-Eopliocene. Accanto alla tipica franosità dei terreni precedenti, abbiamo anche tipici smottamenti. Dove dominano le argille compare anche la morfologia calanchiva, che però nel bacino del Metauro ha sempre uno sviluppo assai modesto. Frequenti sono gli smottamenti sulla destra del Rio Puto, fra cui quello delle Stonghe del 1902. Una zona franosa si trova a NW di S. Ippolito, la quale ha talora spostato di alcuni metri la strada, che dal fondovalle del Tarugo sale al paese. Franosi sono la Costa delle Balze e i dintorni di S. Angelo (Caminate di Fano), dove il prevalere di rocce molassiche permette la conservazione di ripide pareti. Anche i dintorni di Saltara e di Isola del Piano ebbero a soffrire frane per il sgrottamento al piede dei vicini torrenti.
Pliocene medio. Dominano gli smottamenti di cui si hanno esempi tipici a NE di S. Costanzo in regione Volpella.

(1) Le "lame, da un termine dialettale marchigiano, sarebbero in definitiva piccoli smottamenti di rocce argillose con intercalazioni arenaceo-molassiche.


Sono da ricordare anche le attività erosive dei corsi d'acqua, che determinano frane o instabilità a strade e manufatti vari (ad es. il Candigliano poco a monte di Piobbico).
Mi basta aver accennato a questi vari processi erosivi; ma è evidente che per quanto riguarda la degradazione meteorica, le frane, il dilavamento superficiale e l'erosione valliva non è possibile seguire criteri generali di sistemazione.
Infatti si presentano quasi quotidianamente problemi che vanno esaminati caso per caso e la cui soluzione si potrà trovare solo dopo un attento studio di dettaglio dei fatti locali. Non può naturalmente questa essere la sede di una tal disamina particolareggiata.