'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE IV
ALTRI MATERIALI UTILI

CAPITOLO I
CALCARI LITOGRAFICI

Nell'alto bacino del Metauro sono presenti calcari compatti a grana finissima che si prestano all'impiego quali pietre litografiche. Si è tentata questa utilizzazione anche per qualche strato più duro di corniola, ma con risultato infelice per i frequenti cristallini di pirite, le vene spatiche e i fossili, che interrompono la uniformità e la grana della roccia.
Assai meglio si prestano invece il calcare biancastro del Lias medio (immediatamente sottostante alle marne rosse aaleniane) di Pontealto e la porzione più profonda (Titoniano) del calcare rupestre di qualche punto del M. Nerone (Pieia, Fosso dell'Eremita, Ranco di Nino, ecc.). Questi tipi litologici sono stati estratti frequentemente fino a non molti anni fa; vediamo perciò qualche dettaglio al riguardo.

a) Cava dei Ranci Lecceto. Si trova sul fianco sinistro della gola del Burano (Foci di Cantiano) quasi di fronte alle cave di corniola e marmarone di Pontealto (pag.130); è aperta a circa 580 m di quota, cioè 260 m sopra la sottostante Via Flaminia. LA fronte di cava è alta 15-20 m e lunga 100 m circa; vi ci accede mediante una lunga mulattiera che si diparte dalla strada statale.
Il calcare è di color grigiastro o giallastro pallidissimi, compatto e a grana finissima e uniforme; gli strati hanno 10-30 cm di spessore. Talora sono presenti noduli selciferi o venuzze di calcite spatica; in tal caso il materiale veniva scartato. In cava gli strati pendono di circa 6° verso SW. In basso e in parte anche lateralmente questo calcare passa alla corniola tipica, sopra è coperto dalle marne e dai calcari rossi aaleniani; l'età è perciò domeriana.
Vi si lavorò dal 1880 al 1912 pur con varie interruzioni; negli ultimi anni era efficiente anche un impianto di segheria. La percentuale dello scarto fu sempre molto elevata; ad esempio nel 1911 su circa un migliaio di tonnellate abbattute solo 260 circa erano utilizzabili e queste a loro volta si ridussero pio di un terzo con la lavorazione definitiva; cioè il prodotto finito rappresentò solo il 18% circa del materiale estratto. Una così bassa percentuale era però dovuta almeno in parte al sistema di abbattimento mediante mine. Sia per lo scarto elevato sia per la scomoda via d'accesso e la posizione elevata della cava i costi risultano alti; inoltre il materiale è poco pregiato per la non perfetta omogeneità della roccia. Questa pietra litografica non si prestava a lavori delicati di incisione o per disegni nitidi e minuti; riusciva invece ottima per lavori ordinari nei quali non è richiesta grande precisione; così si fecero dei cilindri per la stampa di carta da parati e di tessuti.

b) Cava di Picia. Come ho già detto (pag.15) il calcare rupestre presenta normalmente una grana molto fine, però le frequenti impurità e silicizzazioni e la fragilità della roccia ne impediscono normalmente l'uso come pietra litografica. A un tale impiego si presta invece frequentemente la parte più profonda, di età ancora titoniana, del rupestre, che si presenta di color bianco-latte, compatto e a grana finissima, anche se spesso è un po' tenero. Unico esempio di estrazione di questa roccia si ha presso Pieia.
Questa cava di pietra litografica si trova lungo il torrente Ciordano sul fianco sinistro della valle, a un centinaio di metri circa a monte dello sbocco del Rio di Campi d'Aia in prossimità di quella già ricordata per i calcari rosi (pag.134). Localmente la roccia si presenta con il solito aspetto, ben stratificata, con qualche sottile letto di selce e con Aptici e Ammoniti titoniane; gli strati sono tranquilli, immergenti di circa 30° verso SW e in buona esposizione per l'abbattimento. Si tratta di una piccola cava dove non si è mai estratto il materiale con intensità e continuità; mi mancano quindi elementi circa la produzione e le qualità pratiche della roccia; le vie di accesso attuali sono difficili. La lavorazione come si è visto per gli altri materiali di questa parte del Monte Nerone vien fatta a Cagli.

Se vi saranno possibilità di utilizzazione, dato il frequente affiorare di questo calcare litografico alla base del rupestre, credo si possano trovare altre località adatte per l'apertura di cave analoghe, ma in assai migliore situazione di accesso. In ogni caso poi sia l'abbattimento, sia la lavorazione eventuali dovranno essere condotti con criteri più razionali di quanto non sia stato fatto in passato.